Roma occupa la 74esima posizione nella graduatoria delle province italiane sulla intensità del fenomeno delle mafie nel settore agroindustriale, indice calcolato sulla base delle risultanze quantitative delle azioni di contrasto specifiche messe in atto dalle diverse forze dell’ordine verso questo particolare aspetto criminale. La provincia laziale dove l’indice è più alto risulta essere Rieti (36esimo posto). Viterbo si piazza al 40esimo. Seguono Latina al 41esimo e Frosinone al 73esimo posto. In cima alla graduatoria Reggio Calabria, all’ultimo posto Trento. Sono i dati che emergono dal quinto rapporto sulle attività delle agromafie – presentato da Eurispes, dalla Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura – che nel solo 2016 hanno realizzato un fatturato di 21,8 miliardi di euro. “La novità più confortante – commenta il direttore della Coldiretti del Lazio, Aldo Mattia – è l’annuncio di tre ministri, Minniti, Martina e Orlando, dell’ormai imminente invio alle Camere del progetto di riforma dei reati agroalimentari elaborato dalla Commissione presieduta dal procuratore Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio. Le agromafie si sono evolute nelle modalità di gestione e controllo delle attività criminali, per cui la parte sana della produzione ha bisogno di essere tutelata da una legislazione anch’essa più evoluta e più efficace nel colpire le holding della pirateria agroalimentare”. “La capitale, come anche le campagne romane, scatenano sempre più spesso – dice David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio – gli appetiti dei clan criminali che puntano al controllo di tutto ciò che produce profitto, dalle filiere agroalimentari ai mercati rionali, dalla produzione, trasporto e commercializzazione di tutti i beni alimentari, dalla frutta agli ortaggi, dalle carni alle mozzarelle. Le mafie sono così evolute che oggi si sono organizzate per reinvestire i capitali sporchi in attività pulite, soprattutto nel settore della ristorazione come testimoniato dal sequestro, a maggio del 2016, di bar, ristoranti e pizzerie del centro di Roma, per un valore di 80 milioni di euro, beni riconducibili ad alcuni imprenditori ritenuti coinvolti in traffici gestiti dalla camorra”. Ma la principale preoccupazione della Coldiretti continua ad essere la gestione delle mense scolastiche e della ristorazione pubblica. “È il settore più delicato perché – spiega Granieri – riguarda ancora più direttamente la salute pubblica, in particolare quella dei bambini. Abbiamo proposto di attivare le mense a chilometro zero, quelle cioè dove i pasti siano realizzati con i prodotti provenienti dalle campagne romane e laziali per garantire i massimi standard di sicurezza alimentare. In attesa di risposte – conclude Granieri – non possiamo far altro che ripetere la nostra sollecitazione a potenziare il sistema dei controlli sulle mense per una verifica sempre più puntuale sulla qualità e sulla sicurezza degli ingredienti e dei cibi serviti nelle mense romane e laziali”. “Sono in dirittura di arrivo – gli ha risposto nel suo intervento Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione – i bandi tipo per abolire, nell’aggiudicazione degli appalti per le mense, il massimo ribasso e premiare invece il valore aggiunto della filiera corta”.
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