Il Museo Diocesano di Gaeta ospiterà fino al 9 dicembre la mostra “Lepanto” dell’artista Mario Vespasiani, uno dei più autorevoli talenti dalla giovane arte italiana: un progetto site-specific che si apre esattamente in occasione dell’anniversario della celebre Battaglia avvenuta nel 1571, a cura di Gennaro Petruccelli.
Vespasiani, dopo l’importante mostra Navi degli Astri – nella quale ha indagato il tema dell’uomo nel suo rapporto col mistero e con l’infinito – continua la personale ricerca che intreccia il senso del sacro agli elementi della natura, e questa volta lo fa confrontandosi con un evento storico memorabile, che coinvolse due civiltà in quella che è definita l’ultima grande battaglia navale avvenuta nel Mediterraneo.
Lo scontro ebbe luogo nel golfo di Corinto domenica 7 ottobre del 1571 tra la Lega Pontificia e le forze turche, con uno schieramento di 150.000 uomini e 400 galee, ma ciò che portò alla battaglia ebbe origine il 2 luglio del 1570 a seguito dell’attacco ottomano all’isola di Cipro. Mario Vespasiani attento ai simboli e alle date, ha voluto presentare questo progetto proprio nel Museo Diocesano della Città, in quanto è qui conservato lo stendardo originale che sventolava sull’albero della nave ammiraglia della flotta capeggiata da Marcantonio Colonna, cercando di evocare negli spettatori un dialogo temporale e spaziale di notevole originalità ed emozione.
La battaglia di Lepanto nel corso dei secoli ha ispirato alcuni dei più grandi innovatori della pittura occidentale, da Tiziano a Tintoretto, da Veronese fino a Twombly, che a Gaeta ha vissuto e dove sono ancora visibili le sue testimonianze. E proprio con le opere più vivaci di Cy Twombly i dipinti di Mario Vespasiani sembrano allacciare un collegamento cromatico, che trova in quel “simbolismo romantico” la carica poetica e sensuale della pittura, la quale ha per ambedue, un fondamento solido nella tradizione letteraria, storica ed epica. Difatti col ciclo “Lepanto” hanno entrambi interpretato la grandiosa descrizione dell’evento, con una risoluta libertà emotiva.
La mostra si divide in due parti, la prima presenta opere su tela che corrispondono allo schieramento della navi, al viaggio in quel mare che si colora dell’energia del momento, mentre la seconda, con le opere su carta, rivela uno sguardo subacqueo, tra alghe, riflessi e relitti, in cui le imbarcazioni riposano nel tempo del sogno, fluttuando lentamente e a grande distanza, in quello che non è più uno scontro ma quasi un momento di raccoglimento, in cui vagano silenziose, come per rispetto di tutti quegli uomini che con loro si inabissarono.
Dopo 500 anni il racconto che l’artista introduce non è più quello drammatico che ci perviene dalla storia: difatti Vespasiani non si concentra sulla raffigurazione di distruzioni e perdite, bensì mediante pregevoli tonalità cromatiche e tratti vibranti, sembra voler unire le differenti sapienze di due civiltà millenarie, nella metafora della navigazione, l’interesse comune ad essere portatori di un messaggio di cooperazione nel rispetto delle proprie identità.
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