“Andrà tutto bene” dicono; e intanto impazzano gli arcobaleni sui balconi, rimbalzano sui social, arrivano nelle nostre case tramite la televisione. Certamente in momenti catastrofici come questo non bisogna essere pessimisti e pensare e sperare che tutto andrà bene ci aiuta ad affrontare meglio il presente; tuttavia, nonostante le continue rassicurazioni continuano ad arrivare restrizioni, sul lavoro, sugli spostamenti, sulle relazioni; sempre più attività restano chiuse e quelle che sono aperte riducono l’orario di lavoro; molte città restano blindate impedendo ingressi e uscite; vietati anche spostamenti e/o attività all’aria aperta; riaprono vecchi ospedali e se ne istallano di nuovi per paura che i posti necessari non siano sufficienti.
Allora, va bene essere ottimisti ma al contempo anche realisti: quando è iniziata questa epidemia quelli “bravi” dicevano che era una semplice influenza e quelli che si preoccupavano eccessivamente venivano accusati di ingiustificato allarmismo; eppure in poche settimane l’epidemia si sta diffondendo in tutto il mondo, e i provvedimenti che ci impongono di restare a casa diventano sempre più stringenti.
Molti dicono che il virus non passerà prima di qualche mese, altri guardano alla data del 3 aprile come una svolta.
La comunità sociale diventa sempre più virtuale cercando di restare vicina e in contatto almeno nella rete, condividendo foto, pensieri, attività e tra le righe si legge anche la fragilità dell’essere umano, la difficoltà di adattarsi ad un contesto diverso, privato dei suoi punti di riferimento, delle sue abitudini.
E intanto i contagi aumentano, il numero dei morti sale, i provvedimenti sempre più forti e determinanti ma nonostante tutto noi continuiamo a credere che “andrà tutto bene” ?!.