“Una realtà modello. L’esempio di come – con idee, rigore ed amore – si possa trasformare il deserto della criminalità organizzata in un giardino fiorito al servizio dei bambini”. Così il sindaco di Formia Sandro Bartolomeo dopo la visita effettuata ieri pomeriggio a Napoli alla comunità “A Voce d’’e creature Onlus”. Accompagnato dal delegato Luigi De Santis, il primo cittadino ha portato in dono il materiale scolastico che il Comune ha raccolto con il contributo di varie realtà associative del territorio.
La fondazione di don Luigi Merola ha sede nella villa confiscata al boss Raffaele Brancaccio, detto Bambù. Era il 23 marzo del 1998 quando scattò il blitz dei Carabinieri nell’immobile di via Piazzolla al Trivio, al confine tra i quartieri Arenaccia e Poggioreale. La scoperta fu di quelle incredibili. Al centro del giardino, dove sorge ora il campo di calcetto, i militari scoprirono un vero e proprio zoo abusivo. Dominato da Simba, un leone di tre anni pesante un quintale e mezzo che il boss – all’epoca detenuto – teneva chiuso in una gabbia di soli quattro metri, accanto ad una voliera contenente uccelli rarissimi e altri esemplari di animali imbalsamati.
Confiscata e data al Comune di Napoli, nel 2007 “Villa Bambù” fu affidata in comodato d’uso gratuito alla fondazione di don Luigi Merola che, nel solco dell’esperienza accumulata a Forcella, ne fece il fulcro di una comunità perfettamente funzionante che si pone al servizio dei bambini, molti dei quali figli di detenuti.
“La fondazione ‘A voce d’’e creature Onlus’ – spiega il Sindaco Bartolomeo – realizza interventi di contrasto alla dispersione scolastica e di sostegno a progetti educativi e formativi rivolti alla cittadinanza. Fornisce servizi assistenziali, promuove l’aggregazione sociale e l’integrazione culturale, dà ai bambini del quartiere la possibilità di incontrarsi, fare sport, musica, laboratori di teatro, fotografia. E’ stato davvero un privilegio conoscere da vicino questa sorprendente realtà e offrire un piccolo contributo alla causa. Credo – conclude – che quello di don Merola sia un esempio cui guardare con attenzione per migliorare la gestione dei beni confiscati presenti sul nostro territorio”.