Crollo del mercato interno, aumento dei costi di produzione e mantenimento, fuga dai porti: la nautica nel Lazio era un settore di eccellenza, ma dal 2010 è in caduta libera in tutti i suoi comparti, dalla produzione alla vendita, dal rimessaggio alla manutenzione.
Una crisi di settore che pur essendo di livello nazionale, tocca il Lazio più di altre regioni: sono progressivamente crollati la vendita, la produzione e i lavori di rimessa a punto delle imbarcazioni, il cosiddetto “refitting”. Secondo le stime, tra natanti e navi da diporto, nel Lazio si sono registrate 30.000 barche in meno, sono rimasti vuoti almeno 36mila posti e migliaia di proprietari sono fuggiti all’ estero: Grecia, Spagna, Croazia ma anche Albania e Montenegro, nuove mete in rapida ascesa dove le tasse sono minori e non mancano le attrazioni turistiche.
In meno di quattro anni il fatturato della nautica laziale è crollato del 60%: Fiumicino, Ostia e Gaeta erano un punto di riferimento per la produzione di natanti da diporto fino a 10 metri, imbarcazioni da 10 a 24 metri e yacht da 24 metri. Cantieri come Rizzardi, Italcraft, Mig o Cana- erano – e teoricamente sono tuttora – un’ eccellenza nel panorama internazionale. Fino a poco tempo fa erano più di 25 le imprese che si occupavano di produzione e commercializzazione di barche di qualsiasi misura. Ora invece è quasi scomparso il segmento della produzione di imbarcazioni che vanno fino ai 24 metri, e nelle altre categorie non va meglio. Gli ordini sono crollate. Si sopravvive ancora solo nel segmento “custom”, su precisa domanda di nuovi ricchi russi, cinesi o arabi. Il settore è ovviamente quello del lusso, oltre i 24 metri. Ma non basta assolutamente. La domanda è crollata, anche da mercati come gli Stati Uniti o la stessa Russia. Alcuni cantieri hanno chiuso come Cantieri del golfo o Italcraft (46 gli operai in mobilità), altri sono in difficoltà come Tornado o Canados, che nonostante abbia realizzato otto imbarcazioni dal 2010 al 2013, ora è dovuta ricorrere alla cassa integrazione per 50 operai sui 140 in organico.
Le ordinazioni latitano anche negli accessori, motori e pezzi di ricambio: in questo caso il fatturato ha subìto un crollo del 70%. Fino al 2009 i concessionari di barche primarie avevano un fatturato tra i 3 e 6 milioni; nel 2013 è sceso a meno di un milione. E non va meglio al settore dei servizi, un indotto di oltre 500 aziende che si occupano di ormeggio, rimessaggio, manutenzione, fornitura accessori: il fatturato è in calo del 40% e bisogna aggiungere l’ aumento vertiginoso negli ultimi due anni di barche abbandonate a riva, fatture non pagate per insolvenza e altri problemi che ostacolano il buon funzionamento di tutta la filiera. Anche i porti turistici sono coinvolti: Ostia, Civitavecchia, Gaeta, Nettuno, Circeo, ovunque le barche si fermano solo per pochi giorni e sono crollate le permanenze di lungo periodo, che portano più benefici sul territorio. Con questa situazione è accantonato tramontato il progetto di fare della nautica laziale un distretto industriale di livello internazionale con sinergie tra produzione, commercializzazione e il resto della filiera. Le ragioni del crollo sono tante, e gli interessati citano tra le altre l’ eccessiva burocrazia e il carico fiscale che ha visto il ritorno della tassa di stazionamento con il governo Monti – tagliata solo in parte da Letta – e anche, dicono sempre nell’ ambiente, un eccessivo accanimento nei controlli, a volte in mare aperto. Un’ umiliazione per il diportista. Due anni fa furono fermate persino le barche in prova destinate al salone di Genova, insomma anche i diportisti onesti hanno iniziato a veleggiare altrove. È un problema nazionale: in tutta Italia l’ occupazione è calata del 30% e nel paese si sono persi 120.000 posti di lavoro. Solo adesso i grossi cantieri del nord stanno riconvertendo la loro offerta, ma il Lazio – specializzato in commercializzazione e manutenzione – fatica a uscire dalla crisi e indirizzarsi verso i nuovi mercati emergenti. Intanto i prezzi calano: tempo fa un posteggio per una barca da 10 metri costava anche più di 5.000 euro l’ anno, ora le tariffe si stanno dimezzando. Una speranza viene dalla “nautica sociale”, le imbarcazioni di piccolo calibro, come gommoni o barche da non più di 5 metri: non hanno bisogno di porti o strutture ad hoc, sono più economiche e si possono usare facilmente nel week end. Il loro mercato sta risalendo, negli Usa segna già un +14% che promette di far sentire i suoi effetti anche per le aziende laziali, da sempre considerate un’ eccellenza anche nel mercato Usa. La sfida per la nautica laziale può essere proprio quella di ripartire dal basso.
(Fonte: La Repubblica)