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Gaeta

Da Gaeta a Caracas, la storia di monsignor Parravano

La comunità della Parrocchia degli Scalzi e il suo parroco, Don Giuseppe Rosoni, domenica 23 settembre, in occasione del secondo giorno del Triduo in preparazione alla festività dei Santi Medici Cosma e Damiano, sono stati onorati dalla presenza di Mons. Enrique José Parravano Marino, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Caracas, che ha celebrato la Santa Messa.

In questa occasione abbiamo conosciuto più da vicino Mons. Parravano, scoprendo che le sue origini appartengono alla città di Gaeta, come racconta: “Io sono nato a Turmero, vicino Caracas, però mio padre è di Gaeta e mia madre è di Formia, quindi sono molto legato a questa terra e non appena posso, vengo qui in visita. Da due anni e mezzo sono diventato Vescovo Ausiliare di Caracas e lavoro in quel paese in questo momento colpito dalla miseria e dalla tristezza a causa dei tanti problemi che abbiamo”.

Non è l’unico nel paese sudamericano ad essere originario della penisola sud pontina, infatti rivela: “Ci sono dei gaetani in Venezuela, ma molti sono ritornati in paese. Io quando sono diventato prete salesiano ho lavorato a Puerto la Cruz, lì ce ne erano molti che conoscevo. Però a Caracas non ne ho trovato nessuno fino ad ora”.

Purtroppo tutti coloro che abitano in questa terra -anche chi non ne è originario- stanno vivendo un momento difficile; lo stesso patriarca ci svela come si vive: “La situazione è grave; un paese ricco certamente, perché ha di tutto, ma la situazione è cambiata da venti anni, da quando sono arrivati gli attuali governatori che non vogliono lavorare per il popolo ma si vogliono arricchire. La gente soffre perché non si trova niente da mangiare, non si trovano medicinali. Fanno delle leggi che sono contro il popolo, è una situazione molto grave; ho sentito un prete che vive in Spagna: è tornato quindici giorni fa e mi ha scritto che da quando è arrivato non ha trovato il pollo, la carne, le verdure ed io gli ho chiesto cosa mangiasse, ma non mi ha ancora risposto. Non so quando torno cosa troverò, però tutti mi dicono che, da un mese, il lasso di tempo in cui mi sono allontanato, le cose sono cambiate in peggio.

Stiamo cercando di aiutare, ma abbiamo visto che da soli non possiamo fare niente, quindi speriamo negli aiuti internazionali, perché loro hanno tutto il potere. Speriamo si mettano d’accordo quelli che fanno parte del Gruppo di Lima; credo potranno fare qualcosa per il Venezuela. Però la cosa peggiore è che non si trovano i medicinali, le persone che stanno male muoiono, tra cui anche tanti bambini. In una zona di Caracas, dove io lavoro, che si chiama Petare, nominato il barrio (ndr quartiere) più grande dell’America Latina, la Chiesa fa le “Pentole Solidali”: ogni giorno preparano una pentola grande con brodo o minestra e tanti vanno li a mangiare.

Vi racconto una cosa: là c’è una scuola dove ci sono delle suore e la direttrice mi diceva che ci sono 350 bambini iscritti e mangiano tutti i giorni sia la colazione che il pranzo; di questi, 42 sono denutriti perché il sabato e la domenica a casa non trovano nulla da mangiare, quindi se non mangiano a scuola rischiano di morire.

Menomale che arrivano cibi e medicinali da fuori: per esempio la mia famiglia ha mandato dei farmaci che lì non si trovano.

Continua ancora spiegando: “In Venezuela c’è purtroppo una problematica di tipo sociale, politica ed economica, c’è l’80% di povertà. Ti dico che io di stipendio fino ad agosto ho preso un euro al mese, adesso da settembre sono sedici. Sono stato in un paese vicino Caracas e quando abbiamo finito siamo andati a prendere un caffè: allora guadagnavo cinque milioni di Bolivares, la bevanda mi è costata due milioni e settecento. Questo per farvi capire come sono le cose. Per questo abbiamo bisogno di aiuto, i preti vivono un po’ con le intenzioni delle Messe che arrivano da tante parti dell’America, dal Vaticano, dalle persone che sono fuori.

Non c’è la luce non c’è l’acqua, non esistono i pullman perché sono rotti e non ci sono i pezzi di ricambio; le persone viaggiano con i carrarmati, è capitato anche a me di usufruire di questo servizio”.

Arrivato il momento della Celebrazione, ci saluta con un augurio al popolo di Gaeta, per il momento di festa che si sta preparando a vivere in questi giorni: “Adesso andrò a dire la messa e avevo pensato di offrirla per Gaeta perché i Santi che sono Martiri, ci aiutano, come Cristo che ha dato la vita, a dare la vita anche per il bene del paese, ad essere persone semplici, le quali però hanno questo cuore così grande per aiutare per servire, oggi la Parola del Signore parla proprio di questo, di servire gli altri. Auguri e buona festa!”

redazione

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