Il deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi e per il combustibile esaurito prima o poi dovrà essere realizzato da qualche parte. E’ da tempo, dal 2015, che il Governo annuncia che presto renderà noto il luogo prescelto per la realizzazione di questo sito di stoccaggio ma di volta in volta rimanda lasciando cittadini e istituzioni locali in balìa del timore di ritrovarsi calato dall’alto l’obbligo di ospitare l’immagazzinamento ultracentenario di materiale irraggiato all’interno del proprio territorio.
Nel frattempo, tra le voci sbiadite dei “secondo me”, gli enti locali competenti lavorano preparando il terreno alle attività di rito, come è il caso della Provincia di Latina che in data 11 settembre 2017 ha approvato una Valutazione Ambientale Strategica relativa al Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Circolata la notizia della VAS approvata e considerate le fumose notizie nazionali relative al deposito, nel capoluogo si sono sollevate inquietudini circa la candidabilità del territorio pontino, in quanto l’atto si presta benissimo al ruolo di documento nunzio di un cattivo presagio. Pare, invece, che l’ente di Via Costa con questo atto dovuto abbia voluto inoltre comunicare al MISE e al Ministero dell’ambiente di che per la redazione del Rapporto Ambientale richiesto i documenti indicati come riferimento – i Piani regionali di tutela delle acque e dell’aria -, almeno per la Regione Lazio, sono armonizzati al solo testo unico ambientale, norma che individua valori limite di molte sostanze inquinanti ad eccezione dei radionuclidi.
Quindi, tra reazioni irrazionali e la paralisi della politica locale, passa in secondo piano il fatto che i Piani di tutela di acqua e aria non siano dotati dei criteri di ricerca di inquinanti radioattivi, situazione molto più deleteria per i controlli attuali sull’esistente che per l’aleatorio futuro. Sempre in tema di controlli e garanzie, al Governo invece è sfuggito di recepire nell’ordinamento italiano la direttiva europea 59/2013/EURATOM, la quale obbliga ciascuno Stato membro che l’ha integrata nel corpus delle norme nazionali a garantire adeguati controlli ambientali, lacuna che a febbraio del 2018 comporterà l’apertura di una nuova procedura di infrazione per l’Italia per il mancato impegno.
Il deposito unico è indispensabile ed è indubbio che la resistenza dei territori papabili derivi dall’insicurezza generata da un Governo che vorrebbe utilizzare il pugno duro ma che in realtà non ha la forza per imporre ai suoi organi di produrre atti o armonizzare quelli esistenti in favore della tutela della salute e dell’ambiente, soprattutto quando si parla di nucleare.
Nell’atto di sindacato ispettivo, quindi, si è chiesto: di armonizzare le richieste del Rapporto ambientale non solo ai limiti del testo unico ambientale ma anche della normativa ad hoc per le emissioni nell’ambiente di sostanze radioattive; di recepire la direttiva in materia di nucleare; di emanare i dispositivi attuativi del decreto legge del ‘95 volto alla tutela delle persone e dell’ambiente dalle radiazioni.
Infine si è ribadito che la città di Latina e sua la provincia, già vessate da diffuso inquinamento e servitù di diverso tipo, risultano inidonee perché rientranti a pieno titolo in uno dei criteri escludenti (CE8) in merito alla scelta del sito di futura realizzazione del deposito unico nazionale.
Link interrogazione http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=1045543
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