Scopriamo cosa stabilisce la legge in merito all’eredità e alla possibilità o meno di diseredare i propri figli: la risposta potrebbe stupire.
Tutti sanno che, alla morte di un individuo (de cuius), i suoi beni passano in successione ai suoi eredi diretti oppure a coloro che il de cuius ha individuato come destinatari dei suoi beni. A regolare questo passaggio di beni contribuisce una serie di norme.
La legge italiana, ad esempio, stabilisce che l’eredità debba essere suddivisa tra quota di legittima e quota testamentaria. La prima, che consta dei 2/3 dei beni, è quella destinata agli eredi diretti, indipendentemente dalle volontà espresse dal de cuius. La seconda, invece, è quella di cui il de cuius ha stabilito la destinazione nel suo testamento olografo. Di questa categoria possono far parte individui (ad esempio la suocera), associazioni, enti benefici, organizzazioni pubbliche o private e via dicendo.
Cosa dice la legge in merito alla diseredazione? Le tutele sono numerose
Già basandoci su queste prime informazioni è possibile farci un’idea di come rispondere alla domanda: è possibile diseredare i figli? La risposta più immediata, infatti, è no. La legge stabilisce che i figli debbano necessariamente ricevere una parte dell’eredità del padre o della madre.
Esistono però delle rare eccezioni a questa norma. Per essere diseredati, infatti, devono presentarsi alcune evenienze particolarmente gravi, regolate dall’art. 463 del Codice Civile. Ciò capita ad esempio quando un tribunale stabilisce la cosiddetta indegnità a succedere, la quale si presenta in caso di gravi atti contro il defunto o i suoi familiari.
In particolare:
- uccisione o tentato omicidio;
- calunnia o falsa denuncia;
- violenza, dolo o frode per alterare o impedire la volontà testamentaria.
Stabilito ciò, ci si potrebbe anche chiedere come avvantaggiare un figlio rispetto a un altro, oppure come avvantaggiare qualche erede ai danni di un altro. In alcuni casi, ad esempio, un genitore decide di lasciare una parte più cospicua della propria eredità a uno dei figli, destinandogli non solo una parte della quota legittima, ma anche quella testamentaria.
Ma non solo, poiché possono anche verificarsi casi di donazioni quando il de cuius è ancora in vita. In questi casi ogni donazione (ad esempio quella di un immobile) è da considerarsi come un anticipo di eredità e deve essere imputata alla quota di legittima del ricevente.
Anche in merito alle quote testamentarie gli eredi che abbiano subito un torto sono tutelati. Possono ad esempio decidere di impugnare il testamento, mettendo in evidenza eventuali incongruenze in merito alla suddivisione dell’eredità. Per farlo si ha tempo fino a 10 anni successivi alla morte del genitore, ma solo nei casi di invalidità del testamento o per lesione della legittima.