Luci accese, tavoli apparecchiati e gesti “forti”. E’ il grido dei tanti ristoratori e gestori di bar, pizzerie ed altri esercizi pubblici del nostro Paese, uno dei settori maggiormente colpiti dall’emergenza Coronavirus.
“Siamo stati abbandonati e le nostre richieste su tasse, sostegno economico e riaperture per avviare una seconda fase dopo l’emergenza, sono rimaste inascoltate” spiega il Presidente Fipe Confcommercio Lazio Sud Italo Di Cocco, nonché Vice Presidente Vicario dell’Associazione di categoria maggiormente rappresentativa.
Ad essere contestata dunque, è sia la proroga del lockdown – dal 4 maggio i ristoranti potranno fare attività da asporto sul posto e non solo consegne a domicilio – sia le modalità di riapertura, prevista per il primo giugno.
“Stiamo assistendo ad uno stillicidio, moltissime attività rischiano di non aprire perchè schiacciate dai costi di gestione” aggiunge Di Cocco.
Per il Presidente di Fipe Confcommercio Lazio Sud quello che è accaduto pochi giorni fa a Frosinone è solo la punta dell’iceberg, un segno inequivocabile della disperazione degli imprenditori. Le misure di sostegno del comparto sono ancora gravemente insufficienti.
“Non basta esprime solidarietà al collega, titolare dell”Osteria Panzini’ – spiega Di Cocco – occorre aiutare chi oggi si trova a dover lottare contro un nemico che si è impossessato della nostra libertà e che ben presto si sarà “cibato” anche dei nostri sacrifici e del nostro futuro. Un gesto cosi estremo, è segno evidente che il momento storico che stiamo vivendo è drammatico e insostenibile per la nostra categoria”.
Non è più tempo di promesse. Occorrono i fatti.
“Il futuro è tutt’altro che roseo – aggiunge Di Cocco – dovremmo ridurre drasticamente il numero di coperti per poter rispettare le norme di distanziamento. La stima delle perdite generali del settore ristorazione in Italia è di 34 miliardi di euro. Oltre 50 mila imprese sono a rischio chiusura con una perdita di posti di lavoro che può arrivare fino a 350 mila unità. Un’ emorragia che se non fermata per tempo rischia di portare alla morte del settore. Stesso discorso per bar, pub e altri esercizi pubblici.
“Con queste lungaggini burocratiche – incalza Di Cocco – il rischio che si corre è di trovare la cura dopo la morte del paziente. Questo non lo possiamo permettere. Come Fipe abbiamo avanzato delle richieste ben precise al Governo al fine di mettere in campo, con estrema urgenza, delle misure che consentano la sopravvivenza degli esercizi pubblici anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria”.
Il pacchetto di richieste al Governo prevede: risorse vere a fondo perduto per le imprese; una moratoria sugli affitti che preveda una compensazione per il periodo di chiusura e per il periodo di ripartenza; la cancellazione di imposizioni fiscali come Imu, Tari, affitto suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi; la sospensione del pagamento delle utenze; il prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia; sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali; la reintroduzione dei voucher per il pagamento del lavoro accessorio; la concessione di spazi all’aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus, per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare e un piano di riapertura con tempi e modalità certe condiviso con gli operatori del settore, per permettere a tutte le imprese di operare in sicurezza.
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