Terra di Nessuno. Così, nell’Ottocento, veniva chiamato il tratto di Appia antica, sospeso tra la Torre dell’Epitaffio e la Portella di Monte San Biagio, equidistante da Roma e Napoli. Quasi quattromila metri senza giurisdizione, in balia dei briganti, tra uno Stato Pontificio appena finito e un Regno Borbonico non ancora cominciato.
È il territorio al centro del documentario di Giuseppe Sansonna “Fondi e Sperlonga, terra di nessuno”, in onda in prima visione ieri su Rai5 per la seconda stagione di “Di là dal fiume e tra gli alberi”. Nella Terra di Nessuno, all’inizio dell’800, imperversava Michele Pezza da Itri, detto Fra Diavolo. Capeggiava un gruppo di irregolari, lungo l’Appia Antica, tra la Piana di Fondi e i Monti Ausoni e Aurunci. La storia lo ha definito brigante. Quel che è certo è che Fra Diavolo rimase sempre fedele al re Ferdinando di Borbone, usando abilmente l’arte della guerriglia. Alla fine fu sconfitto dal colonnello francese Hugo, padre dell’autore de “I miserabili”.
Fondi, luogo di antica tradizione agricola e commerciale, ha uno dei mercati ortofrutticoli più grandi e vitali d’Europa. Ma è anche il luogo di nascita e di prima formazione del regista Giuseppe De Santis, del pittore Domenico Purificato e del poeta Libero De Libero. Grandi artisti, molto legati tra loro, che realizzarono insieme il film “Giorni d’amore”, nel 1954. È la storia di due contadini molto poveri che inscenano una “fuitina”, ovvero un rapimento della sposa, per giustificare agli occhi del paese la frugalità di un matrimonio riparatore.
A Fondi, per celebrare la memoria dei suoi artisti più illustri, nasce, all’interno dell’ex convento di San Domenico, il Museo del Neorealismo. È un territorio che attira figure di spicco della cultura italiana, come lo scrittore Tommaso Landolfi, nato e cresciuto nella vicina Pico Farnese. Scrittore amatissimo da Fellini, implacabile nel cogliere il lato surreale di questa provincia, scrisse romanzi pieni di donne bellissime dalle zampe caprine, aristocratici dissoluti e feroci briganti.
Raf Vallone, grande divo italiano, aveva invece eletto la scabra Sperlonga a suo “buen retiro”, perché gli ricordava l’aspra autenticità della sua Tropea. A partire dagli anni Cinquanta, fece transitare nella sua villa avveniristica, le star del cinema italiano e internazionale.