L’obiettivo dichiarato è porre fine all’era Acqualatina. “Non passa giorno che sui giornali la società non faccia notizia per debiti, inadempienze e indagini della magistratura: ormai è chiaro anche ai suoi più accaniti sostenitori che Acqualatina va liquidata. Tuttavia, la proposta in campo oggi, che consiste nel riconoscere 10 milioni di euro ai privati per comprarne le azioni, è ingiusta e impraticabile. Veolia, la multinazionale che ha il 49% delle azioni di Acqualatina, non ha fatto un euro di investimenti e ha compartecipato a dieci anni di disastri gestionali: dargli una buona uscita milionaria sarebbe uno schiaffo ai cittadini e un attentato alle casse dei Comuni”.
“Esistono strade diverse – spiega -. Una prima proposta è il superamento della forma societaria con la trasformazione della spa in un’azienda speciale. Il passaggio da un ente di diritto privato ad uno di diritto pubblico consentirebbe una maggiore flessibilità del capitale sociale che, a quel punto, diverrebbe parte del patrimonio della società e potrebbe essere integralmente coperto con le quote già versate dai Comuni. Una trattativa con i privati va avviata ma sui debiti che la gestione di Acqualatina ha prodotto e che vanno condivisi tra pubblico e privato. A quest’ultimo sarà consentito di riprendere la quota versata, al netto della compartecipazione ai debiti maturati. Questo ci consentirebbe di conservare l’impianto societario mutandone però radicalmente la natura. L’altra ipotesi – spiega Marciano – è lasciare che la società fallisca. I Comuni potrebbero a quel punto costituire una società pubblica coerente alle indicazioni della legge regionale che ha promosso la ripubblicizzazione del servizio idrico e che presto dovrà definire i nuovi ambiti territoriali. In entrambi i casi, va completamente sostituito l’attuale management, data la palese incapacità e anche la sopraggiunta incompatibilità dopo più di dieci anni di gestione. Vanno esperite procedure di evidenza pubblica per la selezione dei dirigenti e anche dei quadri intermedi, dato che gli attuali in alcuni casi sono stati scelti senza alcun concorso. Va completamente rivisto anche il management della STO, la segreteria tecnico operativa, che in questi anni ha solo servito le commistioni tra socio privato e politica locale, chiudendo gli occhi di fronte a gravi inadempienze. Contestualmente, va predisposto un piano industriale che guardi ad una gestione pubblica e ci dica con precisione di quanto personale ha davvero bisogno la società e come finanziare gli investimenti su una rete idrica colabrodo”.
La cronaca degli ultimi giorni, sostiene Marciano, non fa che confermare l’esigenza di chiudere la pagina Acqualatina. “A seguito di una ispezione della Guardia di Finanza, l’Autorità Garante dei Servizi Idrici Nazionali ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti della società. Si tratta di una decisione grave, per certi versi irrituale, che conferma la gravità di alcune delle condotte da noi più volte segnalate. Le censure mosse dall’Authority sono essenzialmente tre. Primo: Acqualatina ha percepito somme dai cittadini in modo illegittimo. Parliamo degli 8 milioni di conguaglio incassati tra 2012 e 2013 senza l’approvazione preventiva dei Sindaci. Secondo: la società ha applicato le tariffe 2013 prima che arrivasse il via libera dei sindaci. Terzo: ha fatturato costi di depurazione ad utenti che non hanno mai beneficiato del servizio perché residenti in zone prive di depuratore. L’Autorità individua forti carenze anche nella veridicità dei dati trasmessi e denuncia scarsa trasparenza nella comunicazione agli utenti relativa a consumi annuali, fonti normative e modalità di accesso ai livelli di qualità del servizio. Gli stessi depositi cauzionali chiesti negli ultimi mesi ai cittadini, oltre che privi di autorizzazione preventiva da parte dei sindaci, sono carenti sul piano dell’informazione in merito alle fonti normative. Il provvedimento disciplinare richiama la legge del ’95 che prevede penali importanti ma siamo certi – sostiene Marciano – che il management di Acqualatina non se ne preoccuperà perché, nel caso le sanzioni venissero irrogate, i costi verrebbero ancora una volta scaricati sulle bollette e quindi sulle spalle dei cittadini”.
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