Con un titolo asciutto e risoluto, la mostra TUFFFO intende esprimere metaforicamente l’azione possibile dell’arte come cifra di un’esistenza totale, in cui ogni frammento diviene l’Intero.
In questo senso, il tuffo simboleggia l’unione completa tra l’uomo e gli elementi vitali; saldamente radicato in terra, il corpo viene lanciato a librarsi nell’aria per poi frangere la superficie ed avvolgersi d’acqua. Un breve istante in cui si racchiudono le infinite mutazioni della specie umana, un attimo in cui ripercorrere i continui cambiamenti di prospettiva ai quali l’uomo si è adattato, finendo per rivestirsi di una natura duttile, proteiforme, incessantemente protesa verso il cambiamento.
Nel tuffo è racchiusa quella dimensione di rischio, di sfida, di rottura del consuetudinario che libera le emozioni e si fa “evento”, non più semplice gestualità. Ma il tuffo, ad un livello più profondo, condensa e raffigura in una singolarità assoluta la fluida ripetizione del vivere, e lo fa proprio esprimendosi come trauma, come bisogno istantaneamente avvertito dal corpo e dalla mente di conciliarsi con il nuovo ambiente. Esso ricapitola tutti i microtraumi e le omeostasi che continuamente il nostro corpo richiede per adattarsi alla realtà, abituale, certo, ma perennemente mutevole, che lo circonda.
TUFFFO dunque come metafora di un’arte che esplora la vita, che vuole essere vita rivelata in tutta la sua intensità e drammaticità (quella del tuffo al cuore), ma anche nella sua giocondità. Un’arte che svela e nasconde, che afferra un frammento rendendolo simbolo, che conduce nelle profondità del vivere e del sentire per poi lasciar riaffiorare e spiaggiare: un’arte che è sfida, trascendimento oltre e verso…
Ma anche gioco e leggerezza, per rendere lieve la vita; non (solo) puro atletismo, invece spontanea alchimia di regole e libertà per un’azione che, in qualsiasi contesto svolta, rappresenta per chiunque un atto unico di infinita fiducia, riprodotta nelle singole eccelse prove (il tuffo nel vuoto di Yves Klein, per dire) e nei tuffi multipli e gioiosi che fanno tutti i giovani, allegramente e senza troppo pensare.
In estate l’Italia brulica di mostre temporanee nei centri di fermento turistico, nei musei e nelle piazze gremite: Aria con col suo TUFFFO rende omaggio a tutte le istituzioni e agli artisti in vacanza.
La Torre di Mola affacciata sul porto di Formia idealmente congiunge i fronti di terra e mare. Non rinunciando all’auto-ironia, che sposta coi villeggianti anche la ricerca artistica in esposizione in piena estate, in uno splendido porto come quello di Formia, luogo di villeggiatura e svago, fa si che TUFFFO, da mostra visiva con tre effe per essere sonora e spettacolare, un po’ teatralmente divenga un “tuffo notturno nel mare di mezz’estate”.
Nell’inedito evento espositivo TUFFFO si mettono in mostra rappresentazioni d’arte variamente artificiali e, tra ambientazioni video, immagini, sculture e installazioni, si espande in ogni sala della torre quella sfida di non lanciare sassi in acqua ma tuffare se stessi comunque, per prospettare ancora sulla superficie, al posto degli anelli concentrici, quadrati e quadrati.
Ed in mostra con artisti visivi per dare credito all’azione ed allo spostamento fisico, sono presenti anche tre realtà del teatro di ricerca: all’installazione sulle mura della Torre di Mola realizzato da Riccardo Caporossi si aggiungono la performance di Triangolo Scaleno Teatro diretto da Roberta Nicolai nel corso dell’inaugurazione e, venerdì 16 agosto, la Zattera di Babele con Carla Tato’ in collaborazione con Lino Strangis, per chiudere, venerdì 23, con un’azione ideata dallo stesso Riccardo Caporossi con la presenza dell’attore Vincenzo Preziosa.
Esposte negli spazi della Torre di Mola anche le pagine del quarto numero di ARIA
intitolato C’ERA UNA VOLTA , UNA VOLTA SOLA.
Il tema della rivista prende spunto dalla consolidata frase che apre la fabula. ARIA, attraverso i suoi numerosi interventi visivi, si interroga su ciò che si è visto, ascoltato, ma si è perso, lasciando tracce di memorie frammentarie e, nonostante ciò, ancora raccontabili. Memorie che si fanno pensieri e forme e che spesso si coagulano in una immagine saliente, insostituibile. Ecco dunque la fascinazione che, di un’intera storia, permette una sintesi figurale, una fissità cui mira spesso l’arte contemporanea ma che, sempre nuovamente, rimette in movimento prospettando nuove vie all’immaginario.
All’interno di ARIA n. 4 “C’era una volta, una volta sola” sono:
Nicola Alessandrini, Paolo Angelosanto, Massimo Arduini, Edoardo Aruta, Gianni Asdrubali, Paolo Assenza, Sara Basta, Teal Baskerville, Paolo Bielli, Tomaso Binga, Pino Boresta, Pino Buffa, Alessandro Calizza, Daniele Canonica, Daniele Carlo Maria Casaburi, Consuelo Celluzzi, Izumi Chiaraluce, Paolo Consorti, Mario Cuppone, Daniele Contavalli, David Pompili Davil, Michele de Luca, Carlo De Meo, Stefania de Mitri, Laura Della Gatta, Mauro Di Silvestre, Massimo Diosono, Ermanno Dosa, Santino Drago, Epvs, Stefania Fabrizi, Simona Frillici, Werther Germondari, Dario Ghibaudo, Rebecca Goldman, Sandra Hauser, Micaela Lattanzio, Ovidiu Leuce, Franco Losvizzero, Tiziano Lucci, Salvatore Mauro, Pablo Mesa Capella, Ugo Magnanti, Rita Mandolini, Paulina Mikol Spiechowicz, Veronica Montanino, Armando Moreschi, Lisa Nonken, Omino 71, Cristiano Petrucci, Gufo Piacentini, Serena Piccinini, Claudia Quintieri, Paola Ricci, Anna Romanello, Fabrizio Sacchetti, Jack Sal, Guendalina Salini, Maurizio Savini, Ananya Sikand, Lino Strangis, Danilo Torre, Chelsea Torres, Gian Maria Tosatti, Francesca Tulli, Jaqueline Tune, Vado, Paola Romoli Venturi, Daniele Villa, Fiorenzo Zaffina, un disegno di Luigi Ontani ed un testo poetico di Valentino Zeichen.
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