Questa mattina la sala convegni dell’ospedale Dono Svizzero di Formia ha ospitato l’incontro del sindaco di Formia e degli operatori sanitari del presidio sud con il Direttore Generale dell’Asl di Latina Michele Caporossi.
Seguono le sintesi dei principali interventi che si sono susseguiti nel corso dell’incontro:
Sindaco Sandro Bartolomeo:
“Negli anni si sono sedimentati tanti problemi cui bisognerà mettere mano. Ho chiesto al Direttore Generale di incontrare gli operatori per conoscere dalla loro voce le questioni più urgenti e per avere da lui indicazioni sulle prospettive. Voglio ringraziarlo per la prontezza con la quale ha risposto al mio invito. Gli ho chiesto anche di coinvolgere maggiormente le amministrazioni locali nella programmazione sanitaria. Da anni non si riunisce la conferenza dei sindaci. Non si può costruire un atto aziendale senza aver prima ascoltato le istanze dei territori. Poi l’Azienda ha il diritto e la responsabilità di fare le sue scelte in autonomia ma l’ascolto è fondamentale. Ho posto anche una serie di priorità. Una di queste è la sopravvivenza del centro trasfusionale, battaglia molto sentita dal territorio come dimostra il corteo di sindaci e cittadini andato in scena sabato scorso per le strade del centro di Formia. E’ solo la punta di un iceberg, i problemi sono tanti. Chiederò periodicamente al Direttore Caporossi di tenermi informato sulle questioni che riguardano il territorio di Formia e, in genere, l’intero sud pontino. A lui chiedo di coinvolgerci nelle decisioni. Cosa diciamo a chi si lamenta per le condizioni della nostra sanità se non abbiamo alcun potere di intervento?”
Giovanni Baiano, Capo Dipartimento Chirurgia Sud Pontino:
“Propongo un nuovo modello organizzativo per ottimizzare le risorse del presidio sud senza costi aggiuntivi a carico dell’Azienda Sanitaria. Nello specifico, la proposta prevede: spostamento della Ginecologia al secondo piano del Dono Svizzero per far spazio all’Ostetricia che da Fondi traslocherebbe a Formia (concentrazione di servizi, maggiore sicurezza per le partorienti e potenziale di 1600 parti all’anno); trasformazione dell’ospedale San Giovanni di Dio di Fondi in centro specializzato per la “day surgery” (chirurgia, ginecologia, oculistica, ortopedia, ecc: il 70% delle prestazioni chirurgiche sono di “day surgery”, non sarebbe una diminutio); diversificazione dell’assistenza infermieristica in base al livello di intensità di cura”.
Francesco Carta, cardiologo:
Sottolinea il bacino di utenza di 550-600 mila abitanti che d’estate cresce ulteriormente e le caratteristiche geografiche di una provincia lunga come quella di Latina. Solleva il problema della cardiologia-emodinamica. “Il trattamento dell’infarto acuto è effettuato con grande difficoltà quando l’emodinamica è chiusa. Talvolta l’esperienza ci consente di risolvere situazioni complicate ma i limiti sono evidenti. Per dare i livelli minimi di assistenza, quest’area deve essere dotata di una sua autonomia clinica e amministrativa. In questi anni abbiamo avuto carenze di personale ed apparecchiature. Abbiamo un ecografo che si spegne all’improvviso e rende la diagnosi difficoltosa. E’ l’unico ecocardiografo dell’intero presidio sud. Mi aspetto una sterzata sull’impiego delle risorse”.
Amato La Mura, medico e consigliere comunale:
“La condizione è durissima. Abbiamo perso cinque strutture complesse, malattie infettive, oculistica, geriatria. Chiedo al Direttore: quali sono le idee di futuro per questo territorio? Chiedo un impegno forte affinché questo territorio possa rispondere alla domanda di un bacino ampio come il nostro. Siamo stanchi di rimanere con le mosche in mano. Ho visto la proposta di Baiano, è difficile da attuare ma è senz’altro una cosa intelligente”.
Papa, Emodinamica Presidio Sud:
“Parlo della situazione che viviamo in Cardiologia. Da più di un anno è stata istituita una rete dell’infarto, strutturata bene ma con un punto a sfavore. Il tempo di intervento dell’infarto per i cittadini del sud pontino non è adeguato per ricevere la migliore assistenza. Le linee europee prevedono 120 minuti. Non credo che un paziente colpito qui da infarto riesca a ricevere adeguato trattamento fuori agli orari di apertura dell’emodinamica. Non credo che gli abitanti di questo territorio siano figli di un Dio minore. I pazienti colpiti da infarto dalle 8 alle 15 ricevono l’angioplastica. Se va bene, gli altri fanno la trombolisi. Vorrei capire quali sono le idee e le prospettive per i pazienti colpiti da infarto nel sud pontino”.
Francesco Occipite Di Prisco, odontoiatra:
“Con l’atto aziendale del 2008 fu istituito il servizio ospedaliero di odontoiatria. Nel luglio 2012, la precedente gestione lo ha disattivato. L’utenza (associazioni disabili e fruitori del servizio) ha promosso ricorso al Tar e lo ha vinto. I giudici amministrativi hanno disposto la riattivazione dell’Uosd. Segnalo la cosa e chiedo quali siano le intenzioni dell’Azienda”.
Angelo Riccardelli, Presidente del Comitato Emotrasfusi sudpontino:
“La mia è una voce differente. Sto dall’altra parte del guado, appartengo alla categoria degli ammalati. Per vivere sono costretto a fare una trasfusione a settimana. Lunedì mattina, se qualcuno non mi accompagnava per le scale del centro trasfusionale, sarei dovuto andare al Pronto Soccorso. Mi sono immedesimato in tutti coloro che, in caso di chiusura, dovranno andare a Latina. Vorrei invitare chi prenderà le decisioni a provare il viaggio da Castelforte a Latina. Una cosa assurda adesso, figuriamoci l’estate. La sopravvivenza del centro trasfusionale è fondamentale. D’accordo, c’è una frigoemoteca ma non serve a nulla. Ci dovrà essere comunque del personale. Dico al direttore: si faccia due conti. Quanto costa il centro trasfusionale di Formia e quanto costerebbe se non ci fosse? Sono convinto che l’Asl ci rimetterebbe parecchi soldini. La sua presenza in loco favorisce la donazione spontanea. Non andare a comprare le sacche di sangue è già un bel risparmio. In questo periodo ho avuto tanti contatti con i donatori. Lo dico senza polemiche: se il centro venisse spostato a Latina si perderebbero il 60-70% di sacche. Certo, c’è l’Avis ma quel sangue dovreste pagarlo. Non ci sono le condizioni per andare a Latina. Fatevi i conti e, se decidete di chiudere, spiegateci qual è la convenienza”.
Enrico Mirante – Responsabile Pronto Soccorso, e ppi di Minturno e Gaeta:
“Non si può non tener presente l’incremento fortissimo degli utenti cui si assiste l’estate. Questo crea grandi criticità per quanto riguarda il personale. Non possiamo disporre delle stesse unità d’inverno e d’estate”.
Sandro Zangrillo, consigliere comunale:
“Al nuovo direttore generale auguro di rompere il meccanismo che c’è a Latina tra dirigenza burocratica e amministrativa. E’ stato a quel livello che il meccanismo non ha funzionato e le risorse non sempre sono state dirottate lì dove servivano. Qui non siamo in grado di fare una risonanza magnetica. Dobbiamo raggiungere Mondragone o Cassino per farla a 15 euro. Mi auguro che venga finalmente promossa una gestione “locale” delle risorse. Se si centralizza tutto si creano le famose gabbie che rendono difficoltosa ogni procedura. Qui i professionisti che vanno in pensione non vengono rimpiazzati. Non si può avere un Dea con dei primari che sono degli incaricati facenti funzione. Spero che le scelte vengano fatte in base alla loro reale produttività. Se quindi scoprirà che a Formia ha un prodotto che costa meno di Latina, credo che lei debba fare delle scelte e mi auguro che le faccia”.
Michele Caporossi, Direttore Generale dell’Asl di Latina:
“Ringrazio per l’occasione di confronto che mi è stata offerta. E’ la seconda volta che vengo a Formia per parlare con gli operatori. La presenza del Comune è emblematica, ho accettato di buon grado. Vi dico una cosa: pensare all’Asl come un’azienda di professionisti, impiegati, medici, infermieri ed ignorare la missione che necessariamente deve avere un’azienda sanitaria pubblica, significa perpetrare gli errori del passato. L’autoreferenzialità è stato l’errore più grande. E’ nostro dovere ascoltare, raccogliere i segnali, anche quelli più impercettibili e farlo prima che i problemi diventino emergenze. Prima di venire qui, con il sindaco Bartolomeo ho visitato la casa alloggio per soggetti autistici. Mi ha fatto riflettere su quanto c’è da fare. Abbiamo parlato del disagio pre-psicotico. Se lo intercettassimo in tempo eviteremmo che nei ragazzi si sviluppi la psicosi. Quanto costerebbe? Pochissimo. Chi ha dentro casa un paziente psichiatrico sa bene di cosa parlo. Per fare questo però ci sono poche risorse. Dobbiamo ottimizzarle.
Vi domando: perché nelle realtà con i conti in regola c’è maggiore qualità di servizi e più alti indicatori di efficacia delle cure? Questo smonta l’assioma per il quale più risorse si impiegano e migliori risultati si ottengono.
Altra questione: vi siete giustamente rivolti a me come ad un amministratore delegato di un’azienda sanitaria. Quest’ultima dovrebbe essere dotata di autonomia imprenditoriale ma gli iniziali intendimenti sono rimasti lettera morta. Dal 2007 nel Lazio siamo sottoposti ad un piano di risanamento che piuttosto definirei piano di rientro dal debito che finora non ha portato al risultato del riequilibrio in tre anni. Il traguardo segnato risale all’accordo Stato-Regioni del 2001 che ha dato il via al federalismo fiscale. Da otto anni nel Lazio siamo in una condizione di disequilibrio. E’ inutile che ci giriamo intorno: le aziende sanitarie sono parte attiva e integrante di questo piano di generale risanamento delle finanze regionali. I margini di azione a nostra disposizione sono praticamente ridotti a zero. Chiedete giustamente personale per il quale c’è bisogno di ottenere una deroga da parte della Regione. Queste sono le regole del commissariamento. Non siamo autorizzati, per questo non si fanno concorsi per assumere primari. I margini sono altrettanto ristretti per quanto riguarda le attrezzature.
La Regione Lazio partiva due anni fa da una perdita di esercizio di due miliardi di euro, più altri dieci miliardi di euro accumulati negli anni. Nel 2010 si è chiuso a 600 milioni di euro di perdita. L’obiettivo che nel 2014 bisogna traguardare prevede una soglia di perdita programmata di 130-140 milioni da ridurre ad otto milioni nel 2015. Questi sono gli obiettivi da centrare. Non possiamo pretendere ulteriori deroghe.
Spero di essere all’altezza del compito. Ce la posso fare ad una sola condizione: che tutti noi si agisca come squadra, operatori, amministratori, volontari, associazioni.
Il nuovo atto aziendale arriverà nell’arco di sei mesi e sarà la risultante di una progettazione incardinata su alcuni elementi fondamentali. Il primo è la sostenibilità. Fino a pochi anni orsono gli atti aziendali erano libri dei sogni senza alcuna analisi economica a corredo. La storia è cambiata. La progettualità deve calarsi nella realtà locale senza dimenticare gli strumenti attraverso cui realizzarla. Non ci porta lontano il discorso di chi pensa che per la programmazione si debba partire da piani “locali”. Non si può demandare la progettazione ai territori. Va definita una rete intelligente. Partendo da alcuni presupposti imprescindibili, come ad esempio l’erogazione di cure appropriate. Quanti ricoveri inappropriati ci sono? Tra le cause dell’intasamento dei pronti soccorso ci sono proprio le degenze troppo lunghe. Un ricovero per osservazione breve non può durare dodici giorni. Dobbiamo fluidificare i percorsi. L’ospedale, da solo, non può essere il punto di riferimento unico del territorio. Dobbiamo costruire un percorso unitario, ad esempio per le maggiori patologie. Dobbiamo costruire ad esempio una rete per il paziente oncologico, dallo screening alle cure palliative. Il percorso non può essere solo ospedaliero. Prendiamo le patologie croniche. Per i prossimi anni ci aspettiamo un aumento dei pazienti affetti da diabete, btco, scompenso cardiaco. Per tutto questo dobbiamo definire un percorso intelligente. Proponiamo un nuovo modello assistenziale che abbiamo nominato “casa della salute”. Coinvolgerà l’esercito di oltre 500 medici di famiglia che vanno coinvolti come non è stato ancora fatto finora. Ci vuole da parte loro una presa in carico di tutti quei pazienti affetti da patologie croniche. La Regione lazio ci ha designato come azienda pilota per il modello delle cure alle patologie croniche e la medicina di iniziativa. Stiamo sottoscrivendo un protocollo con medici di famiglia e pediatri che costituirà la pietra di paragone per tutte le aziende sanitarie che attiveranno tale modello. Siamo partiti da Sezze, poi approderemo ad altre realtà. Ciascun distretto avrà il suo modello, detto appunto “casa della salute”. E’ in questo ambito che si ragiona del nuovo ospedale che dovremo andare a fare. Discende da un governo unitario del paziente che deve essere affidato a quelli che hanno titolarità della cura del paziente. Sarà scritto in un applicativo che diventerà un fascicolo sanitario elettronico. Per mettere i medici di famiglia in collegamento con gli ospedali. Le cartelle cliniche dei pazienti torneranno ai medici di famiglia che avranno così a disposizione la storia clinica del paziente. Il tutto con lo strumento del “cloud” per condividere tali informazioni.
Le risorse devono essere valorizzate. Ma i gol vanno fatti con la squadra che abbiamo. Non possiamo più pensare di allargare le maglie per derogare dal piano di rientro. Siamo ancora una Regione “canaglia”. Quelle virtuose continuano a dirci che non intendono pagare i nostri debiti. Dobbiamo risolvere il problema, ne vale della nostra dignità.
Ho ascoltato attentamente le proposte venute da questo incontro. Non sono abituato a dare risposte se non in possesso di numeri certi su cui basare risposte altrettanto certe. Quando ci saranno tali condizioni, allora potrò entrare nel merito delle proposte. Ad ogni modo, da lunedì inizierò a definire la mia squadra di lavoro. Avrò il nuovo direttore sanitario che viene da Perugina e la direttrice amministrativa, proveniente da Padova. Insieme, in altri contesti, abbiamo già vinto importanti battaglie. Per prima cosa incontreremo i sindacati. Faremo una road map per definire tutto che è rimasto indietro sul fronte dei rapporti sindacali. E’ un’operazione fondamentale se vogliamo lavorare bene. Ci sono troppe cose che si sono sedimentate senza una logica. La stessa cosa vale per la conferenza dei sindaci che tornerà a riunirsi, in un rapporto dialettico, franco, costruttivo.
CENTRO TRASFUSIONALE. Ho esaminato le carte e penso che su questo fronte il territorio abbia già dato abbastanza dal momento che in passato esisteva un contingente ben più corposo di quello attuale. Dirò alla cabina di regia che il centro trasfusionale va bene come sta. Oltre ad essere un servizio ineliminabile, è un grande produttore di donazione di sangue. Un bene prezioso che dobbiamo tutelare, frutto di una cultura di solidarietà che magari ci fosse in altri Paesi dell’Europa dove il sangue viene pagato a peso d’oro. Noi abbiamo l’autosufficienza e teniamocela stretta. Questo dirò alla Regione. Spero che sarò ascoltato.
RETE CARDIOLOGICA: dobbiamo fare una considerazione nuova, ulteriore, riprendere in mano la questione. La rete per il trattamento dell’infarto è stata messa in campo, altrove in Italia non ce l’hanno. Bisogna fare considerazioni più ampie, vedere alla luce delle linee guida quali sono i range di ritardo evitabile che noi dobbiamo abbattere. La nostra, comunque, è una realtà che va difesa. Sull’ictus, invece, siamo all’anno zero e bisogna intervenire.
TRAUMI E POLITRAUMA: penso che il Dea di primo e secondo livello debbano essere messi in condizione d’esserlo realmente. Una discussione attenta e concreta potrà essere fatta col nuovo direttore sanitario. In quest’area abbiamo un’altissima incidenza di politraumi, per lo più causati da incidenti stradali. Dobbiamo ragionare in termini di trauma-team, con un approccio multidisciplinare che coinvolga chirurghi generali, neurochirurghi, maxillofacciale, ortopedia, oculistica, un team attivabile in caso di necessità.
Poi dovremo definire la struttura organizzativa. Se pensiamo al numero dei presidi non ne usciamo, perché ognuno avrà una bandiera da difendere. Ci sono reti, invece, da mettere in collegamento: la logistica, la rete del farmaco per garantire la tracciabilità delle consegne. I laboratori analisi di patologia clinica vanno organizzati secondo una logica di rete. Non bisogna avere paura di perdere il posto. Bisogna valorizzare quello che si ha ed evitare gli sprechi di macchine che lavorano al 30% delle loro possibilità. Vanno ripensate queste cose.
MACCHINE: faremo degli investimenti. Sono in arrivo dei macchinari, sono stati già richiesti. Io punto al fatto che la macchina, una volta comprata, venga utilizzata. Anche per questo, lasceremo spazi alla libera professione di equipe, così da stratificare l’offerta e riportare sul territorio quelle prestazioni che oggi gli utenti vanno a fare nel nord della Campania. Cose da fare bene, però, basandole su regolamenti e controlli chiari. Ci vorrà un lavoro di programmazione che dovremo fare con amministrativi, tecnici, direzioni mediche dei presidi.
Concludo sulla stagionalità: il piano ferie va fatto entro aprile. Poi ragioniamo su come cercare di rispondere all’aumento di domanda. Ma non pensiamo di arrabattarci all’ultimo momento. Vorrei che si trovasse la strada per usare al meglio le risorse che abbiamo”.
(Comunicato Stampa Comune di Formia)