L’appuntamento è inserito nella stagione del teatro d’attore Senza Sipario promossa dal collettivo formiamo in collaborazione con l’ATCL (Associazione Teatrale tra i Comuni del Lazio) all’interno del progetto Officine Culturali della Regione Lazio, del riconoscimento del MIBACT e con il patrocinio del Comune di Formia.
Lo spettacolo è la storia del grande Manush, il saggio buffone che sa rispondere a tutte le domande del mondo, obbligato a montare il tendone del suo circo nell’orrore di Auschwitz. Un viaggio nella musica e nella cultura rom, alla riscoperta della magia degli spettacoli di un tempo, tra gioia di vivere e la difficoltà di confrontarsi con il pregiudizio, alla scoperta del Porrajmos, l’Olocausto zingaro, una delle pagine meno conosciute della nostra storia recente!
Zingari Lager nasce prima di tutto dall’incontro tra il collettivo teatrale Bertolt Brecht e il gruppo di acrobatici musicisti rom composto da Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol che hanno all’attivo collaborazioni con grandi artisti come Moni Ovadia. La drammaturgia dello spettacolo si costruisce intorno a loro e al corpo e al gesto di attore di Maurizio Stammati.
Il lavoro teatrale nasce nonostante la difficoltà di un argomento come quello del Porrajmos, cui i nostri libri di Storia dedicano poche righe, per lo più occupate da cifre: 500.000 rom e sinti sterminati nelle camere a gas. Ma la questione zingara era problematica in tutta Europa e anche l’Italia cominciò a risolverla con la segregazione da molto prima delle leggi razziali del 1938.
Il circo è la magia del mondo zingaro e la musica il linguaggio della sua straordinaria universalità ed è per questo che circo e musica aprono e chiudono lo spettacolo all’insegna dello sberleffo, della fantasia, della gioia di vivere, mentre il campo di sterminio è solo la parentesi dolorosa del racconto di un mondo alla rovescia, un circo dell’orrore dove le giostre si ribaltano in un doppio mostruoso. Così e solo così un circense può trovare le parole per raccontare l’inenarrabile.
Al centro Manush (nome non casualmente così vicino al tedesco Mann – uomo), il saggio folle, il pagliaccio che ridendo riesce a dire le più grandi verità, anche se fanno male, portavoce di un laico inno alla tolleranza e al rispetto reciproco. Ma al centro anche l’indifferenza con la quale guardiamo al mondo, senza renderci conto di come il nostro non prendere posizione si trasformi troppo spesso in complicità. Nella speranza che ricordare aiuti a far sì che tali mostruosità non siano più.
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