Il canto XIII dell’Inferno presentato a Formia dal prof. Giovanni de Gaetano nel corso di una lectio magistralis
Fino a venerdi 13 maggio, chi non aveva avuto l’opportunità di appagarsi della coinvolgente presentazione del canto XIII dell’Inferno tenuta, presso l’Aula Magna del Liceo-Ginnasio “Vitruvio Pollione” di Formia, dal prof. Giovanni de Gaetano, avrebbe puntualmente sottolineato che una esposizione superlativa di un passo della Commedia del sommo Vate, come l’ha resa canonicamente codificata il protagonista del film “La vita è bella”, non avrebbe trovato pari.
L’affollata e attenta platea di partecipanti, competenti e desiderosi di confrontarsi con altre proiezioni introspettive dell’opera dantesca, è rimasta letteralmente rapita dal mosaico comparativo, dove il commento letterale si è coniugato con l’anamnesi delle problematiche mediche condotta dall’illustre patologo, in una simbiosi che ha reso tanto gradevole una delle tante pagine immortali dell’opera che promuove nel mondo l’immagine dell’italica letteratura. Con la menzione dell’artista Salvatore Bartolomeo, prezioso artefice di un contorno grafico e di immagini a impreziosire la tela dell’evento. Come già aveva esordito a Campobasso, nel marzo scorso, allorchè, nel ricevere una delle tante attestazioni conferitegli per i meriti conclamati della sua opera, aveva dettagliatamente tratteggiato la vicenda del giurista originario di Capua e accolto come notaio alla corte di Federico II di Svevia, il prof. De Gaetano (nelle foto al tavolo del relatore e a confronto con Salvatore Bartolomeo) ha esordito ringraziando “l’associazione ex alunni del Liceo ‘Vitruvio Pollione’ di Formia per avermi invitato a tenere una lettura su uno dei canti più belli della Divina Commedia e per l’attenzione posta non solo al mio lavoro, ma anche ai miei collaboratori e alla ricerca che si svolge presso l’IRCCS Neuromed. La cultura è una.
Non esiste, infatti, separazione tra la cultura classica e la cultura scientifica; esse sono compenetrate così come ho provato ad illustrare parafrasando Dante. A mio avviso bisognerebbe insistere su questa unitarietà del sapere che arricchisce entrambi gli aspetti della conoscenza”. E sì, perché il curriculum professionale del prof. De Gaetano conclama una prestigiosa direzione del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione IRCCS, Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli, traguardo che ha visto archiviato alle spalle tappe prestigiose che, partendo dagli studi superiori presso il liceo di via Divisione Julia a Formia, sono passate attraverso gli studi accademici presso la neonata Università Cattolica di Roma, targati sempre dal massimo dei voti, con l’aggiunta della lode.
E poi, a seguire, nella prestigiosa attività della ricerca, il quinquennio 1968-1973 in Belgio, seguito, dopo aver preferito l’impegno per il riscatto del Sud dell’Italia alla via del facile guadagno negli USA, al servizio presso l’Istituto di Ricerca Epidemiologica “Mario Negri”, dal 1973 al 1987 insieme al conclamato luminare Silvio Garattini, prima di scegliere la nuova sede di Santa Maria Imbaro dove il 10 settembre 1987 venne inaugurato il complesso della Negri Sud con la precipua priorità della Ricerca. Sono seguiti i periodi di lavoro e direzione presso l’Università Cattolica “Giovanni Paolo II” di Campobasso, tra il 2001 e il 2013, prima del prestigioso progetto Moli-Sani: la regione diventa laboratorio. E se questi sono i titoli di coda che introducono la momentanea “fine della 1^ puntata” che trova la sua momentanea location in quel di Pozzilli, è partita per il prof. De Gaetano, al pari di quell’Ulisse che lo ha ispirato nel proseguire a ricercare e a squarciare novelli veli che oscurano, per ora, tappe e scoperte rivoluzionarie al genere umano, quella avventura che il “ghibellin fuggiasco” colloca come la ripartenza del ventennale esule itacense che, più che l’amore coniugale, volle inseguire il categorico “fatti non foste a viver come bruti”.
E da queste premesse biografiche e curriculari è partita la lucida analisi introspettiva e comparativa della vicenda di Pier delle Vigne, in un crescendo di paragoni e metafore che alla fine hanno fatto sembrare troppo corte ben due piacevoli ore di accessibile approccio estetico-semantico-psicologico con i versi del XIII canto targato Pier delle Vigne sotto l’egida didascalica architettonica che continua a ricordare a chi vive in città o chi vi si trova a passare che, nella vita, c’è sempre un “Post fata resurgo”.
Di Orazio Ruggieri
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