Le usanze e le tradizioni sono spesso qualcosa di complesso da tramandare nel corso del tempo, soprattutto se si parla di quelle realtà più piccole, dove certi aspetti del costume locale sono decisamente più “segreti” e di nicchia.
Nella cucina gaetana, infatti, sebbene ci siano diversi esempi di specialità più conosciute a livello regionale (e non solo), si trovano prodotti e ricette quasi sconosciuti ai più, magari tramandati in ricettari scritti a mano da nonne e bisnonne.
Iniziamo questo excursus gastronomico partendo dalle pietanze più popolari, per arrivare poi a quelle meno note:
1. La tiella
Alimento principe della cultura culinaria gaetana è sicuramente lei, la tiella. Conosciuta soprattutto a livello regionale, si tratta di una sorta di pizza farcita nei modi più disparati.
I ripieni più popolari sono sicuramente quelli a base di pescato locale, su tutti polpi e alici, ma anche baccalà, zucchine, scarola e olive, broccoletti e salsiccia o la tipica cas’ e ov’, ovvero formaggio e uova.
La storia della tiella è da far risalire probabilmente ai tempi dei Borboni, ai quali, si dice, piacesse particolarmente, tanto che alcuni ritengono che l’inventore della ricetta fosse Ferdinando IV (ipotesi alquanto improbabile, ndr).
Nonostante ciò, le origini della tiella sono sicuramente popolari, in quanto nasce come piatto povero, preparato con gli avanzi e perfetto per essere conservato per più giorni e consumato durante le giornate di lavoro da contadini e pescatori.
2. Le olive
Prodotto dall’origine piuttosto controversa e di conseguenza motivo spesso di dibattito con la vicina Itri, che ne rivendica la paternità. L’oliva nera di Gaeta, conosciuta in tutta Italia per il suo colore e per il gusto inconfondibile, è utilizzata in tantissime ricette locali e rappresenta una preziosa risorsa per il territorio, tanto da aver ricevuto la Denominazione di Origine Protetta nel 2016. Le olive, citate perfino nell’Eneide di Virgilio, erano oggetto di esportazione nel 1400 in tutto il Mediterraneo, in seguito al grande sviluppo dell’agricoltura e del commercio nel Ducato di Gaeta. Periodo tipico di raccolta delle olive è quello autunnale, in cui il frutto arriva alla perfetta maturazione ed è pronto per essere colto e conservato rigorosamente in salamoia per otto mesi, per attenuarne l’amarezza.
3. La votapiatto
Con la votapiatto si comincia a transitare verso la zona meno nota della tradizione gastronomica di Gaeta. I calamaretti alla votapiatto sono una ricetta a base, appunto, di calamari (i quali devono essere rigorosamente molto piccoli), che vengono passati prima nella farina e poi fritti in padella molto vicini tra loro, per far sì che rimangano attaccati per poi essere girati a mo’ di frittata. Da qui il termine “votapiatto”, che si riferisce al gesto che si compie girando i calamaretti. Per concludere il tutto è d’obbligo una spolverata di prezzemolo tritato, immancabile in qualsiasi ricetta a base di pesce.
4. Il caniscione
Parente della più nota tiella, il Caniscione gaetano è una specie di calzone, composto dallo stesso impasto della suddetta ma chiuso in maniera diversa, ovvero a forma di mezzaluna. A differenza della tiella, inoltre, il Caniscione non viene cotto al forno, bensì fritto. Il ripieno tipicamente prevede formaggio di capra ma vengono usate spesso anche la ricotta o la mozzarella. La sua vicinanza alla tiella è da far risalire al passato, quando le rimanenze d’impasto provenienti dal forno comune venivano poi fritte durante la settimana in grandi pentole, rigorosamente con olio ricavato dalle olive locali. Anche in questo caso si dice che a far conoscere il caniscione fu Ferdinando IV, amante della cucina gaetana e avvezzo a mescolarsi tra la gente del popolo per scoprirne le usanze. Il segreto per i perfetti caniscioni, come si apprende da alcune scritture, consiste nel friggerli in olio così abbondante da “sgrondare fino i gomiti”.
5. La liatina
Concludiamo questo tour con quello che forse è il piatto meno conosciuto della cucina gaetana, se non a livello prettamente locale. Stiamo parlando della Liatina, ovvero una gelatina di maiale, preparata con diverse parti dell’animale, quali la testa o le zampe, a cui vengono aggiunti pomodoro, peperoni e spezie. La gelatina viene poi formata dopo la cottura della carne nel brodo, che una volta raffredato, otterrà, appunto, una consistenza gelatinosa. Si tratta, sicuramente, di un piatto dai sapori molto forti, non accessibile a qualsiasi tipo di palato. La liatina è un piatto che fin dal passato viene preparato durante la stagione invernale. Soprattutto in passato questo periodo dell’anno era ritenuto tempo di abbondanza, poiché era il momento in cui le massaie gaetane uccidevano i maiali allevati durante tutto l’anno, che rappresentavano un’importantissima fonte di sostentamento. Con il passare del tempo questa pietanza ha perso un po’ della sua diffusione, data la complessa preparazione ed è possibile trovarla esclusivamente nelle macellerie dell’antica Via Indipendenza.
di Alfredo Nocella
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