– L’ACQUISIZIONE DELLA NOTIZIA DI REATO ED I PRIMI ACCERTAMENTI.
Le prime attività di indagine vengono esperite nel territorio cittadino da parte degli investigatori della Polizia di Stato e scaturiscono dalla denuncia di un commerciante di prodotti ortofrutticoli della zona di Lungomare Caboto.
Le attività del personale della Polizia di Stato, dirette dal dirigente del Commissariato di Gaeta dr. Maurizio Mancini, sono iniziate nel maggio 2017 ed hanno portato all’emissione dei sei rinvii a giudizio odierni nei confronti di altrettanti personaggi, di età compresa tra i 37 ed i 60 anni e tutti di provenienza campana: per lo più dell’agro aversano e con precedenti penali specifici.
Il “clichè” attraverso il quale le truffe si consumavano ai danni degli onesti operatori del settore era consolidato. Infatti la vittima di turno, riceveva spesso un contatto diretto o telefonico da parte del sedicente “ragioniere” della ditta Gema s.a.s. Wedding Planner di G.T., con sede a Via del Pianeta Terra n. 60 a Roma, peraltro realmente esistente ed iscritta al registro delle Imprese. Questi era solito “ammiccare” gli ignari fornitori con ordini “interlocutori”, di poco conto e finalizzati solo a creare la giusta “fidelizzazione”; con la quale consumare poi la truffa vera e propria. Dopo un primo affare di poche centinaia di euro andato a buon fine, il successivo acquisto risultava più corposo: ovvero almeno sette o ottomila euro di merce, tra prodotti ortofrutticoli, enogastronomici e di vestiario. L’effettiva esistenza del deposito commerciale riconducibile alla ditta Gema, ubicato alla Via Garibaldi n. 158 a Castelforte, doveva contribuire ad illudere i venditori di aver intrapreso un rapporto commerciale con una società affidabile.
Oltre a questo “specchietto per le allodole” del magazzino, peraltro eternamente vuoto, le merci venivano trasferite altrove a bordo di un furgone del tipo “ducato” di marca Fiat e colore bianco, con targa estera. Emblematica al riguardo è anche la truffa perpetrata ai danni di un operatore commerciale che partecipava, con un proprio stand, al Salone Internazionale “Vinitaly”: tenutosi a Verona. Anche in questo caso, al momento dell’incasso, gli assegni risultavano falsi con grave i danni economici per gli operatori onesti.
Da questo disarmante quadro dei fatti, ha preso il via l’indagine del Commissariato di Gaeta che, grazie alle non comuni capacità investigative degli appartenenti alla squadra di polizia giudiziaria, ha analizzato ogni possibilità o indizio per risalire compiutamente alle identità dei responsabili delle reiterate truffe: il cui profitto consisteva nel collocare agevolmente sul mercato i prodotti a prezzi, per l’appunto, da “sottocosto”.
– LA SVOLTA: I SERVIZI INVESTIGATIVI.
L’analisi della realtà attuale, così come era stata prospettata dalle parti offese, risultava confermata dai riscontri effettuati dalla squadra di polizia giudiziaria che avviava l’attività investigativa partendo dal deposito/magazzino di Castelforte ed in uso alla Società Gema s.a.s.
Sul posto si verificava l’esistenza di una palazzina di due piani: quello superiore, corrispondente all’abitazione della proprietaria dell’intero stabile; quello al piano inferiore, accessibile direttamente dalla strada, costituente il deposito – fantasma alle cui entrate erano anche applicate delle stampe adesive pubblicitarie della ditta Gema, senza riferimenti salienti (numero telefonico o indirizzo della sede).
Qui la proprietaria forniva agli inquirenti la documentazione che il famoso ragioniere aveva lei f fornito senza, tuttavia, perfezionare il contratto d’affitto. Del resto, la stessa proprietaria, candidamente rivelava agli intervenuti che, dopo le prime visite della Polizia, gli interessati avevano repentinamente smantellato il locale restituendole le chiavi.
Allora l’attenzione degli inquirenti si spostava sugli ulteriori aspetti salienti del meccanismo truffaldino. In prima analisi, si è posto il problema riconducibile alla mancata genuità degli assegni bancari contestati ed al loro tracciamento; ai quali è seguito l’abbinamento ai numeri telefonici utilizzati per i reati ai loro effettivi fruitori, in quanto le utenze mobili erano “usa e getta” ovvero intestate a stranieri irreperibili con il solo fine di conservare l’anonimato: infine testimonianze, rese a verbale, con le quali si operava l’effettivo riconoscimento fotografico degli autori dei reati in sequela.
Non di meno, l’astuzia e la scaltrezza degli autori dei reati che si presentavano come persone distinte, sia per l’aspetto che per la dialettica e tali, dunque, da far ragionevolmente supporre di rappresentare una affermata società impegnata anche nell’esportazione all’estero di prodotti selezionati; tanto da allocare la sede legale della società truffaldina proprio a Roma in un ufficio mai reso realmente operativo (così, tanto per dare maggiore credibilità alla “messa in scena”).
L’attività d’indagine è apparsa difficile sin dal principio, poiché ha anche comportato lunghi spostamenti (Gaeta, Castelforte-LT, Treviso, Massafra-TA, Pietrelcina-BN) per non compromettere gli accertamenti condotti con discrezione e badando, sempre, al conseguimento del risultato finale.
Dunque, con grande sacrificio causato dalle difficoltà nelle attività di riscontro (sia per la durata delle stesse – cinque mesi – che per la varietà dei siti ove ci si è dovuti recare per definire le indagini), il personale del Commissariato di Polizia di Gaeta è riuscito a concludere con successo l’operazione “Sottocosto” che si sostanzia nell’emissione dei sei “avvisi di garanzia con rinvio a giudizio” nei confronti di:
1) S.P.M classe 1980, residente a Caserta, pregiudicato con precedenti specifici;
2) M.M., classe 1957, residente in provincia di Caserta, pregiudicato con precedenti specifici;
3) L.N., classe 1963, nativo e residente a Mondragone (CE), con precedenti specifici;
4) T.G., classe 1961, nativo e residente in provincia di Caserta, incensurato;
5) D.B.M., classe 1978, residente a Villa Literno (CE) pregiudicata con precedenti specifici;
6) S.P., classe 1964, residente a Napoli, con precedenti lievi ed in corso.
Emerge altresì la spiccata “sfrontatezza” manifestata dai succitati personaggi i quali, nonostante avessero realizzato di essere stati attenzionati da questa polizia giudiziaria, hanno comunque continuato a delinquere senza porsi freni di sorta.
Sintomo quest’ultimo, della loro incomprimibile determinazione delittuosa di matrice irresistibile criminale e con un giro di “affari fantasma” ammontante ad almeno 500.000 euro: tale dunque, da giustificare per tutti il rinvio a giudizio.
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