Nella suggestiva cornice dello stabilimento “Nave di Serapo” di Gaeta, si è svolta sabato 21 luglio, la prima presentazione del romanzo “Nata dal Piombo” (Edizioni “Il Seme bianco”), di Simona Mannucci. L’evento, organizzato dalla libreria gaetana “Il sole e la cometa”, ha visto una grande partecipazione di pubblico, incuriosito dall’opera prima della scrittrice di Gaeta. A fare gli onori di casa, la titolare dello stabilimento Fulvia Frallicciardi, da sempre sensibile al panorama letterario e ad ogni forma di promozione della lettura e della cultura in genere, tanto da aver allestito una fornitissima biblioteca all’interno dello stabilimento.
L’incontro è stato aperto da Rita Carollo, con una breve biografia dell’autrice, approdata alla scrittura dopo un lungo passato lavorativo in una nota azienda del sud Pontino. Si sono susseguiti gli interventi di Elisabetta Bolondi e Maria Mancini.
«Sin dalle prime battute ho avuto l’impressione di trovarmi davanti un memoir – ha raccontato Elisabetta Bolondi di sololibri.net. –, la storia di Anna e della sua famiglia somiglia molto a tutte quelle che si vivevano in quegli anni di ricostruzione di una società nata dalle macerie del fascismo: i lavori precari, la miseria, il ruolo subalterno delle donne, il provincialismo di chi non aveva avuto occasione di viaggiare o di imparare, la quasi totale assenza di istruzione superiore, una tradizione retriva, occhiuta, in cui la solidarietà, tuttavia, cedeva spesso il passo alla maldicenza».
La conclusione dell’incontro nelle parole dell’autrice, rispondendo alla domanda di una lettrice sulla genesi del romanzo.
«“Nata dal piombo” è nato dalle storie che ascoltavo da piccola, storie tramandate di madre in figlia, emerse dalla memoria in forma di scrittura, solo nell’età adulta. Ho voluto far rivivere il passato della nostra città, ma anche la vita di quel tempo, attraverso gli occhi di Anna, la protagonista, che affronterà ogni evento tragico con dignità e coraggio».
«La scrittura – ha concluso Simona Mannucci – mi permette di vivere tante vite, di dilatare le emozioni, essere dove non posso. È un lavoro intenso e faticoso, di cui però non posso più fare a meno».
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