Il mare è nostro, non svendiamolo ai petrolieri amici di Renzi
Un Presidente del Consiglio che invita apertamente all’astensione, in aperto spregio della legge e del suo ruolo istituzionale. Questo dopo gli scandali che hanno coinvolto su questo tema componenti del suo stesso Governo, comportando persino le dimissioni di un ministro. Renzi fa inoltre finta di dimenticare gli impegni recenti presi al Vertice di Parigi del 2015 per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi e perseguire la strada della de-carbonizzazione.
Tutte prove di uno Stato Italiano prigioniero dei poteri economico-finanziari neoliberisti e delle multinazionali.
Il Referendum contro le trivellazioni chiede che si abbandoni l’uso dei combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili. L’obiettivo del referendum del 17 aprile è fermare le trivellazioni in mare e tutelare le acque territoriali italiane, cancellare la norma che consente alle società petrolifere di fare ricerche ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane fino ad esaurimento del giacimento.
Se è vero che le multinazionali del petrolio non possono richiedere nuove concessioni entro le 12 miglia marine, è anche vero che quelle già in corso non hanno alcuna scadenza. Il referendum vuole mettere al riparo i nostri mari dal pericolo di sversamenti di petrolio in mare che arrecherebbero danni irreparabili alle spiagge e dal rischio di movimenti tellurici legati soprattutto all’estrazione di gas.
L’obiettivo del referendum è chiaro e mira a far sì che il divieto di estrazione entro le 12 miglia marine sia assoluto. Non farlo, viceversa, corrisponderebbe ad aggravare le condizioni climatiche. Il tempo delle fonti fossili è scaduto, il referendum del 17 aprile indica che è ora di aprirsi ad un modello economico alternativo. Affrontare il tema della transizione energetica, cioè investire nel settore delle energie rinnovabili, significa creare nuova occupazione.
La vittoria del “Sì” non farebbe perdere alcun posto di lavoro, giacché le attività petrolifere in corso non cesserebbero immediatamente, ma progressivamente. Infatti il Parlamento, prima di introdurre la norma che vogliamo abolire con il referendum del 17 aprile, prevedeva che le concessioni avessero di norma una durata di trenta anni.
Il voto referendario è uno dei pochi strumenti di democrazia a disposizione dei cittadini italiani ed è giusto che i cittadini e le cittadine abbiano la possibilità di esprimersi anche sul futuro energetico del nostro Paese. Non è un caso che altri cinque quesiti referendari presentati sono stati bocciati dalla Cassazione perché il Governo Renzi, nel frattempo, ha furbescamente riformulato due commi del Decreto Sblocca Italia 2016. Il suo è in generale un Governo che sta stravolgendo l’assetto sociale stesso dello Stato Italiano per piegarlo agli interessi di pochi privati e la logica selvaggia del mercato, in continuità con quanto già fatto dai governi commissariati di Monti e Letta sostenuti politicamente da Centro Destra a Centro Sinistra.
Una vittoria del Sì il 17 Aprile, nonostante la disinformazione fatta, rappresenterebbe una prima forte risposta popolare ai progetti autoritari di questo Governo e i suoi infami referenti economici.