Golfo, oltre 1000 marittimi a rischio. “Siamo costretti a fare nuovi corsi anche se abbiamo esperienza decennale”

Oltre mille marittimi (e dunque altrettante famiglie) rischiano di rimanere a terra e di non poter lavorare perché stretti nella morsa di una burocrazia che caratterizza, nello specifico, il nostro Paese.
La questione non è strettamente territoriale, ma di carattere nazionale. E il Golfo di Gaeta, considerato il gran numero di marittimi, risulta esserne pienamente coinvolto.
A lanciare l’allarme nel Golfo, su una questione delicatissima per troppo tempo rimasta nascosta sotto il tappeto è l’associazione A.Ma.Re Gaeta che in sinergia con altre associazione di settore sta portando avanti una battaglia per evitare di fatto “l’estinzione” del “marittimo italiano”. Nella stessa direzione, a livello nazionale, si è mosso tra gli altri il coordinamento nazionale della Fit-Cisl per il trasporto marittimo.
Procediamo con ordine per fare chiarezza e capire nel dettaglio quali sia le questioni che rischiano di travolgere l’intero settore.

Convenzione di Manila

L’Italia è arrivata con quattro anni di ritardo all’adeguamento delle certificazioni per i propri marittimi, che, in base agli emendamenti di Manila 2010 sono indispensabili per poter lavorare a partire dal 1 gennaio 2017. La convenzione di Manila è infatti relativa agli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi (nota anche come convenzione Stcw). Adottata nel 1978 dall’Imo (Organizzazione marittima internazionale) è stata poi revisionata, venendo emendata alla conferenza di Manila (Filippine) nel giugno del 2010. I corsi d’addestramento per i marittimi sono disciplinati da ciascun Paese membro dell’IMO sulla base dei Model Courses elaborati dalla stessa Organizzazione Marittima Internazionale.
Circolare del Mit
del 13 ottobre 2016
Per far fronte al ritardo di adeguamento degli emendamenti di Manila, il Ministero dei Trasporti ha emanato pochi giorni fa una circolare denominata “Riesame della Circolare unica n. 17 del 17.12.2008” di attuazione del D.M. del 25 luglio 2016 e di ulteriori chiarimenti in merito all’adeguamento e al rinnovo dei certificati dei lavoratori marittimi” (indirizzata alle Capitanerie di Porto e nata con i presupposti di scongiurare che dal gennaio 2017 nessun marittimo italiano potesse imbarcarsi) che “obbliga” tutto lo stato maggiore, ufficiali di coperta e di macchina, comandanti e direttori di macchina a tornare sui banchi di scuola anche a chi ha esperienze professionali decennali.
La formazione
Una formazione (300 ore per il personale di coperta e 570 ore per il personale di macchina) che non viene quasi mai coperta economicamente dall’armatore e che è gestita da un frammentato numero di agenzie di formazioni accreditate presso il Ministero.
Le criticità
“Come potrà frequentare i corsi chi risulta attualmente imbarcato, o chi al 31 dicembre 2016 sarà a bordo? I costi? E’ realmente utile che comandanti e direttori di macchina frequentino dei corsi in cui si riparte dalle basi della professione? Perché l’Italia è l’unico Paese che ha adottato simili misure?” Sono questi solo alcuni degli interrogativi posti dal coordinamento della Fit-Cisl per il Trasporto marittimo.
E’ evidente che a poco più di due mesi dal 1 gennaio 2017 dilagano le preoccupazioni tra gli operatori del settore a fronte di un’incertezza rispetto alla quale ancora non si vede una concreta via d’uscita. “La mancanza di un ministero specifico – denunciano inoltre i marittimi di Gaeta – come quello che una volta era il ministero della Marina Mercantine ha contribuito e contribuisce alla mancanza di chiarezza e rapidità delle decisioni, oltre ad interpretazioni restrittive di normative internazionali, creando forti differenze, anche penalizzanti, rispetto al quadro normativo in cui si muovono gli altri marittimi dei Paesi Ue e extra Ue”
Per tali ragioni diverse associazioni di categoria hanno costituito un coordinamento pronto, nella peggiore delle ipotesi, ad un’azione legale contro il ministero.
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Marittimi dunque sul piede di guerra nel tentativo di scongiurare quelle che oggi sembrano serie criticità. A tale scopo è nato un coordinamento denominato “3 febbraio” ( costituito dalle seguenti associazioni: A.Ma.Di disanta Margherita Ligure; Associazione Marittimi Tirreno Centrale (Amtc) di Terracina e San Felice Circeo; Lavoratori Marittimi Costa Tirrenica (Lmct) di Viareggio; A.Ma.Re. Gaeta; Italian YachtMasters di Loano; A.Ma.Di. di Napoli e l’Associazione Marittimi Argentario) che ha approvato all’unanimità la decisione di tenere un sit-in di protesta il giorno 15 novembre prossimo a Roma, sia davanti la sede del ministero delle Infrastrutture e Trasporti (Mit), sia davanti a Montecitorio, sede della Camera dei deputati.
“Il Coordinamento chiede che vengano tradotti letteralmente nell’ordinamento italiano gli emendamenti di Manila 2010 alla convenzione Stcw, togliendo tutti i peggioramenti che sono stati aggiunti in Italia. In caso contrario si preannunciano azioni legali contro il Ministero”
Con le stesse finalità è stata recentemente pubblicata online una petizione “Marittimi vessati dalle leggi vigenti in materia di certificazioni Imo” nata, come si legge testualmente nell’incipit, poiché “l’Italia sta attuando una legge (Decreto Legge n.136 del 07 Luglio 2011) non conforme alla Convenzione Internazionale sugli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi (STCW) firmata a suo tempo e revisionata ultimamente con gli Emendamenti di Manila nel Giugno 2010”. “Il rischio – concludono alcuni rappresentanti dei marittimi del Golfo – che è la forza lavoro italiana, a fronte di tali criticità, possa finire in black list internazionali che di fatto preclude l’accesso al lavoro per migliaia di lavoratori prossimi alla pensione o a giovanissimi che hanno appena terminato il percorso di studio”

Roberto Secci

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