Oltre 700 persone in sole tre serate sono scese nel Cisternone Romano mentre centinaia ancora aspettavano all’esterno per assistere a questa autentica e originale drammatizzazione della famosa vicenda di Paolo e Francesca, magistralmente tradotta in azione scenica, che ha fatto spettacolo delle idee, della fede e della filosofia del Sommo, esaltandone l’innata musicalità con corali e assoli, vocali e corporei.
Successo eclatante che ha visto un incremento notevole dei visitatori dell’incantevole sito archeologico formiano, ammaliati dalla suggestione dello spettacolo.
Mossa vincente dunque dell’Assessore alla Cultura del Comune di Formia, Maria Rita Manzo e della Compagnia Teatrale Costellazione che, in collaborazione con l’Associazione Calliope, hanno scelto di coniugare una forma artistica come quella del teatro alla valorizzazione di un
luogo così evocativo come il Cisternone Romano che, per sua natura, ben si presta all’ambientazione emotiva dell’Opera dantesca.
E così il pubblico, novello Dante, ha iniziato la sua discesa agli inferi incontrando Minosse e la sua corte: il grottesco tenutario, dèmone crudele dai tratti grotteschi, ha accolto i visitatori cingendosi con una singolare coda per decretarne la condanna.
Le voci inascoltate delle anime dannate, il racconto straziante di Paolo e Francesca: tutto questo e molto di più hanno garantito il successo dello spettacolo, che nelle tre serate di repliche ha raccolto uno strepitoso “tutto esaurito” . Applausi e richieste di repliche per questa affascinante performance che ha mantenuto intatto il senso profondo della storia narrata nel V canto, mutandone però le connotazioni: la voce di Francesca diviene la voce di tutte le donne che vivono e muoiono d’amor, la “bufera infernal che mai non resta” diviene una bufera di voci e un tan
MOTEL INFERNO è un passaggio, una permanenza breve dello spettatore nel luogo che lo ospita, dal carattere anche vagamente clandestino, quale appunto fu l’amore di Paolo e Francesca. Sono trasmutazioni del testo come queste che fanno sì che possiamo parlare di Variazioni e non di Lectura Dantis: il verso del Sommo mantiene la sua carica performativa mentre viene tradotto in immagini, corpo e suono.
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