La Guardia Costiera di Gaeta, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Cassino, ha svolto una complessa attività d’indagine in materia ambientale nel Golfo di Gaeta a seguito del rinvenimento di numerosi retini plastici all’interno delle reti da pesca utilizzate dal ceto peschereccio di Formia e Gaeta.
Le attività investigative, sono partite a febbraio 2018 a seguito anche di alcuni articoli apparsi sulla stampa locale e di segnalazioni e denunce di pescatori che evidenziavano lo “strano” fenomeno.
La conferma che tale rinvenimento non fosse occasionale ma con ogni probabilità riconducibile ad un illecito smaltimento dei prodotti provenienti dalla lavorazione all’interno dei campi di mitilicoltura ubicati nel Golfo di Gaeta, trovava subito riscontro.
Gli elementi investigativi acquisiti incrociati con la tipologia di rifiuto e le attività produttive operanti nello specifico tratto di mare, permettevano di poter ricostruire la dinamica del fenomeno e consentivano di ricondurre il materiale plastico rinvenuto agli impianti di mitilicoltura presenti sul territorio e alla successiva individuazione dei presunti responsabili oltre a permettere di riscontrare gli effetti delle azioni illecite perpetrate a danno dell’ambiente ed in particolare dell’ecosistema marino.
Lo scenario operativo lasciava supporre che fossero state poste in essere errate procedure di smaltimento dei “retini” utilizzati per contenere il prodotto ittico, durante la fase di crescita ed anche per la successiva raccolta, da parte delle attività produttive riconducibile agli impianti di mitilicoltura ubicati nel Golfo di Gaeta aventi un’estensione di circa 750.000 metri quadrati di mare.
L’evidenza del fenomeno inquinante veniva quindi definitivamente documentata dalle ispezioni subacquee eseguite dal personale del Nucleo Subacqueo Guardia Costiera di Napoli
Nel corso delle indagini a carico delle società titolari delle 12 concessioni demaniali marittime per la semina e raccolta mitili rilasciate dalla regione Lazio, è stato constatato che i concessionari dell’area non erano in possesso di alcuna documentazione che attestasse il corretto smaltimento dei retini.
Il materiale plastico rinvenuto sul fondale malgrado particolarmente liso, a causa della lunga permanenza in acqua, documentava un importante stato di alterazione dell’ecosistema marino e l’estensione del fenomeno sull’intera area destinata alla mitilicoltura nella quale il materiale plastico è risultato essere ormai ancorato al fondo sabbioso.
Il materiale plastico utilizzato dagli impianti non ha una specifica pericolosità ma il potenziale pericolo deriva proprio dall’abbandono sul fondale per poi finire sulle spiagge e nelle reti dei pescatori. La pericolosità veniva evidenziata dall’ARPA LAZIO che ha provveduto a caratterizzarne i campioni raccolti specificando che pur potendosi in se considerare materiale/rifiuto non pericoloso, qualora abbandonato nell’ambiente, può essere ritenuto scientificamente dannoso per l’ecosistema ed in particolar modo per l’ambiente marino. In generale il potenziale danno, per l’ambiente e l’uomo, discende dal deterioramento della plastica che costituisce i retini che, inevitabilmente, permanendo in mare, è sottoposta ad un fenomeno capace di degradarla in “litter” e “microlitter”, ovvero le purtroppo tristemente note “microplastiche”.
Pertanto la Procura della Repubblica presso il tribunale di Cassino, ha disposto l’invio di informazioni di garanzia a carico di 18 soggetti a vario titolo coinvolti quali:
titolari delle concessioni demaniali marittime e legali rappresentanti delle imprese concessionarie
comandanti e marinai delle unità di pesca operanti all’interno delle concessioni
«concorso formale e continuato» per «inquinamento ambientale» (art. 452 bis, n.1 c.p.) e per «abbandono e smaltimento irregolare di rifiuti» ai sensi del Codice dell’Ambiente …in quanto, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso commesse in tempi diversi, i soggetti coinvolti cagionavano una compromissione significativa e misurabile di un ampio specchio acqueo del golfo di Gaeta, attraverso lo smaltimento irregolare di «retini» da pesca provenienti dall’attività di mitilicoltura, i quali, anziché essere smaltiti, venivano abbandonati sul fondo marino.
Lo svolgimento delle attività illecite rilevate non ha alterato in alcun modo le proprietà organolettiche dei molluschi bivalvi.
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