di D. Iadicicco e R. Capolino
La nobile famiglia De Leone è presente nel golfo di Gaeta sin dal XVI sec. Questo ramo veniva da Ariano Irpino. Arrivò in Italia dalla Spagna sotto Ferdinando il cattolico nel XIV sec. e si stabili oltre che a Gaeta anche a Barletta ed in seguito a Roma, Napoli e Benevento. Furono feudatari di molte terre oltre che essere Conti di Avellino ed avere il titolo di Baroni.
Molti i personaggi che si ricordano tra Formia e Gaeta, soprattutto in ambito religioso. Possiamo senz’altro ricordare Sebastiano Di Leone, più volte segretario generale dell’Ordine minore di San Francesco. Ci furono poi due parroci susseguitosi nella chiesa di San Giovanni. Il primo fu Don Vincenzo de Leone (1708-1716).
Il fatto curioso è che questo parroco registrò il 18 ottobre 1712 la nascita del suo congiunto Giuseppe Antonio Filippo Gennaro De Leone, figlio di Domenico e Isabella Cicconardi.
Questo bimbo divenne in seguito il famoso Giuseppe de Leone, Vescovo di Penne ed Atri, già Vicario Generale in Salerno, Ariano e Taranto, mori a Napoli nel 1779. Nella Chiesa di S. Giovanni Maggiore a Napoli c’è una lapide sepolcrale che lo ricorda.
Sempre nella Chiesa di San Giovanni seguì il Parroco Don Gaetano De Leone (1717-1758). Fine culture della calligrafia, lascia negli archivi della Parrocchia di San Giovanni dei registri finemente decorati ed esteticamente molto rilevanti. La famiglia ebbe ancora un altro Vescovo, Gian Saverio De Leone, vescovo prima di Isernia poi di Melfi, dove morì nel 1735.
Sono pochi a sapere che diversi ambienti voltati e di sostegno della cavea sud-occidentale dell’anfiteatro romano di Formia, sono ancora oggi visibili in un fabbricato di Via Anfiteatro , fatto costruire nel 1756 dalla nobile famiglia ” de Leone ” che vi abitò fino al 1920 circa.
L’ultimo personaggio ad essere ricordato è appunto il Barone Arturo De Leone che da Napoli veniva a Formia nelle estati di inizio 900. Sua cognata era la suora Carmelitana scalza, Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso, nata Catanea, beatificata a Napoli nel 2008.
Il fabbricato fu in pratica costruito sui resti della fiancata sud-ovest della struttura romana, conservando al suo interno ambienti voltati, in opus reticolato, con inclinazione verso il centro del piano di calpestio dell’arena.
L’ attuale portone d’ingresso del palazzo nobiliare, ad esempio , era in pratica l’accesso lato sud- ovest.
Considerata la morfologia dei luoghi, e in analogia a strutture romane simili, credo che l’Anfiteatro di Formia avesse almeno cinque accessi
principali, due ad ovest , due ad est e uno a sud. È anche noto che il lato nord addossato alla retrostante collina , in più di duemila anni, sia stato interessato da un fenomeno di scivolamento del terreno che ha ” abbracciato” l’intera struttura fino a ricoprirla interamente nelle parti meno sporgenti.
Mi è stato riferito che anche molte pareti di ambienti al primo piano, sotto l’intonaco e in occasione di lavori interni, si sono presentate ricoperte da ” opus reticolato” .
Questi elementi strutturali , finora sconosciuti, sono importanti per una esatta conoscenza del perimetro esterno del sito archeologico, partendo da centro del piano di calpestio che va ancora ricercato a circa sei metri di profondità.
Ciò che porterebbe a ipotizzare che le volte del piano terra e del primo piano del fabbricato , possano riguardare il secondo e il terzo ordine di arcate della struttura ludica di epoca romana.
Insomma c’è la possibilità di uno studio fatto da un archeologo di professione e , con assoluta certezza , verranno fuori tanti particolari di un anfiteatro romano sconosciuto fino a pochi decenni fa.
Quindi le superiori parti che inizialmente si pensa fossero state realizzate in legno , in un restauro successivo furono sostituite da parti in muratura .
Nel corso dell’ultimo evento bellico il fabbricato subì la distruzione della parte sud che fu ricostruita nel dopoguerra con l’aggiunta di una sopraelevazione.
In conclusione, molti motivi in più per riprendere gli scavi rimasti interrotti e per ridare alla cittadinanza formiana uno straordinario spazio da destinare ad eventi culturali e pubblici.
Altro particolare di non poca importanza è la cordialità e la gentilezza manifestatami da due famiglie orgogliose di vivere in un palazzo antico con fondamenta e struttura interna rivenienti da un anfiteatro romano del 1′ sec. a.C., che ha avuto resti imponenti e visibili fino a tutto il 1756.
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