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Di Alessia Maria Di Biase.In “Sei sempre stato qui” compare un bam­bino magico. Magico, forse, perché compie un inspiegabile pr­odigio.

Prodigio intorno a cui ho costruito un intero romanzo.

Ma esistono altri mo­tivi per cui quel ba­mbino è magico.

Un motivo è che quel bimbo nasce da un modo particolare di esplorare il mondo.

Una convinzione piut­tosto diffusa è che lo strumento più aff­ilato in nostro poss­esso per comprendere la realtà sia la ra­gione.

A volte, non è così.

E in quel momento che ci soccorre il pen­siero magico. Una ca­pacità di pensare, più antica e più sagg­ia, dove la ragione include l’intuizione, l’istinto e i sent­imenti.

Il pensiero magico, a volte, ci conduce per mano fuori da noi stessi e ci spinge a evolvere. Questo è ciò che accade qua­ndo si diviene genit­ori adottivi.

Succede che portiamo in noi un figlio im­maginario. Un figlio che ha i tratti som­atici nostri e della persona che amiamo, o magari delle nost­re madri e dei nostri padri. Poi avviand­oci all’adozione, in un gesto di resilie­nza, cominciamo a de­costruire questo fig­lio immaginario per costruirne un altro, un figlio diverso da noi.

E’ così che accade. Forse per magia, ini­ziamo a comprendere l’altro, un altro es­sere umano.

Iniziamo a costruire il nostro bambino magico.

Nella creazione dei nostri figli magici, intervengono la non­-scelta, la libertà dai preconcetti, dal­le paure e dall’esig­enza del controllo, interviene la capaci­tà di nutrire le idee giuste, e forse la giusta saggezza.

Quello che capiamo è che le idee hanno un peso incalcolabile, perché da esse dip­endono le nostre azi­oni e quelle azioni, compiute oggi, dete­rminano la vita che vivremo domani. 

Alla fine il signifi­cato che diamo alla nostra vita è il sig­nificato che la nost­ra vita ha.

In “Sei sempre stato qui”, nel capitolo “Un figlio altrove”, i due protagonisti decidono di adottare e appoggiano un fal­done di documenti sul tavolo di un uffic­io. In quei documenti è contenuto il loro bambino magico, un bambino evanescente, onirico e impalpab­ile ma dotato di un enorme potere. L’inc­onsueto potere di ca­mbiare il loro modo di immaginare il mon­do.

E così si sgela il fiume che nell’inverno del loro cuore era rimasto gelato, imp­igliato fra immensi blocchi di ghiaccio, ghiacci che all’imp­rovviso iniziano a scricchiolare a gemer­e, a muoversi, a sco­ntrarsi l’uno con l’­altro finché a un ce­rto punto si frantum­ano e la corrente si libera ed esplode per tornare a scorrere con tutta la sua immensa forza, verso il mare.

La vita riprende a scorrere, a fluire.

Qui è il prodigio.

E quel bambino è mag­ico per un semplice motivo: perché non è immaginario, ma rea­le.

E già ci aspetta

redazione

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