E’del tutto prevedibile che un cambiamento significativo degli orari dei treni comporti ricadute importanti sui loro utenti quotidiani. Dall’11 dicembre 2016 il numero di treni che consente di partire direttamente da Minturno per dirigersi verso una qualsiasi località più a nord (verso Roma)si è dimezzato.
Ciò vuol dire che quotidianamente centinaia di persone utenti della stazione di Minturno devono impiegare all’incirca quindici minuti in più per andare prima a Formia e poi prendere un altro treno che va verso la loro destinazione.
In alternativa, il viaggiatore (che in precedenza partiva da Minturno)per prendere un treno che vada verso nord, può andare a Formia in macchina con i disagi prevedibili in termini di spese, traffico, parcheggi, ecc.
Ci sono anche insegnanti o altri lavoratori o studenti che si trovano di fronte ad una riduzione delle corse in direzione nord a metà mattinata. Questi viaggiatori, per rispettare l’orario di inizio del lavoro o delle lezioni, devono anticipare la partenza.
In tal modo, si registra un aumento del tempo trascorso in viaggio per cui potrebbero insorgere problemi anche dal punto di vista assicurativo. Infatti, viene superato il tempo previsto per la condizione definita in itinere.
La domanda se tutto ciò comporta un aumento di disagio, stress e conseguente ansia appare del tutto retorica. La risposta è sì. Oltre all’ansia come vissuto psichico c’è da considerare la possibilità che essa si traduca in fenomeni somatici. Ciò accade perché se siamo ansiosi, lo siamo non solo a livello ideativo ed emotivo, ma del nostro corpo(es. mal di testa), del nostro apparato digerente, del cuore, ecc
Altra considerazione da fare è relativa alla ripetizione dello stimolo stressante. Alle incertezze sempre presenti per i pendolari se ne aggiungono altre quali quelle a cui abbiamo accennato. La cronaca delle ultime due settimane ha mostrato disagi notevoli sulla tratta Roma-Formia-Minturno con ritardi, sovraffollamento, ecc.
Si tratta di un ulteriore carico di stress per persone che già lo subiscono ampiamente. Si può presumere che vi sia un incremento di disturbi quali disturbi d’ansia e panico, cefalea, disturbi gastrointestinali, del sonno, dell’umore ecc. Assistiamo, dunque, ad un peggioramento della qualità della vita e ad un sicuro aumento dell’incidenza di disturbi che necessitano di trattamento non solo farmacologico. E’ intuibile che ciò assume un significato in termini di costi diretti ed indiretti, di accesso ai servizi sanitari, esami clinici, ecc. Accanto a tutto ciò va considerata un’altra conseguenza, l’aumento delle assenze dal posto di lavoro.
Facciamo un esempio semplice.
Quanto è frequente che di fronte a disservizi, ritardi, “cose che non vanno” si provi rabbia, irritabilità? E’ senz’altro molto frequente. La rabbia può essere agita, rivolta all’esterno. In altri casi, più frequentemente, si scarica su organi ed apparati interni. E’ chiaro l’esempio dell’apparato gastrointestinale con gastriti, coliti, ecc. Da non sottovalutare gli effetti endocrini che possono produrre conseguenze altrettanto gravi.
L’intento aziendale di ridurre i ritardi, non solo non consegue l’obiettivo dichiarato, ma espone gli utenti a rischi maggiori in termini di stress, ansia ed altre patologie.
Dr. Ionta Giuseppe, psichiatra
Associazione Iter onlus, Minturno
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