Cos’è la moneta? Come tutti sanno con questo termine si intende ciò che viene utilizzato come mezzo di pagamento. Nell’antichità esistevano soltanto monete metalliche, consistenti, in genere, in dischi di varie dimensioni e composizione ed usati come strumenti di pagamento. Ma ai giorni nostri ci sono diverse tipologie di “moneta”: da quella cartacea, facile da produrre e da utilizzare, a quella bancaria (che, in fondo, è quella maggiormente utilizzata), mediante l’uso di carte di credito e bancomat. Ma per un weekend, quello del 28-29 settembre, in Via Indipendenza a Gaeta, l’unica moneta riconosciuta sarà il “follaro”, denaro ufficiale del percorso gastromico culturale “Le vie di Gaeta” e valuta in uso nel Ducato di Gaeta tra i secoli IX e XII. Prima di approfondire nel dettaglio le varie tipologie di monete coniate ed utilizzate nella città pontina, facciamo un breve cenno storico che ci consenta di comprendere al meglio la nascita e lo sviluppo del “follaro”.
La città di Gaeta si è sviluppata come presidio militare (castrum), nel V e VI secolo d.c., e i suoi abitanti erano profughi delle limitrofe cittadine saccheggiate dai saraceni, come Formiae e le Isole Pontine. Il primo console di Gaeta fu Costantino, un bizantino, vassallo di Andrea II di Napoli, il quale eresse fortificazioni e castelli per difendere la città dai continui attacchi dei pirati saraceni. Il figlio di Costantino, Marino I, era associato al governo della città. Grazie a quest’ultimo, Gaeta, nell’anno 875, iniziò a legiferare e a battere una propria moneta sovrana, coniando, per l’appunto, il “follaro”. Iniziò in tal modo il periodo della Repubblica Marinara di Gaeta, che durò sino al 1140, quando il Ducato fu compreso in quello di Sicilia.
La moneta ebbe un corso decisamente lungo, per merito dei gaetani che riuscirono a superare le imposizioni dei duchi e dei principi longobardi e normanni che volevano togliere o modificare i follari locali; resistette fino al 1233, quando Federico II impose la dogana ed abolì il consolato. Solo dopo tali decisioni, i segni dell’indipendenza amministrativa andarono svanendo e venne meno anche l’autonomia monetaria. Ma quanti e quali sono i follari coniati nella città di Gaeta? All’incirca dopo la metà del X secolo, i follari erano di rame e servivano solo per il commercio locale; per il commercio esterno, avevano corso le monete d’oro e di argento (monete bizantine, tarì, monete longobarde).
La coniazione dei follari gaetani iniziò con Marino II (978 – 984), console e duca della famiglia dei Docibile; nel diritto le monete hanno la figura o il nome di S. Erasmo, patrono di Gaeta e le stesse si caratterizzano poiché ne esistono ben 18 varianti assegnati a questo duca di Gaeta, che differiscono sia nel diametro che nel peso. Altre due monete sono da attribuire al governo ducale di Marino II e Giovanni III, suo figlio, che furono al potere dal 979 al 984. Con il governo del duca Giovanni IV (991 – 1012) si ebbero altri follari, che hanno avuto corso tra il 1009 ed il 1012, quando lo stesso rimase solo al governo del ducato, sotto la tutela della madre Emilia. Toccò poi a Riccardo I (1063 – 1078), Riccardo II dell’Aquila (1105 – 1111) e Riccardo III di Caleno (1121 – 1140) riprendere le coniazioni, con follari quasi tutti uguali ma che si differenziano tra loro nel rovescio poiché, quelli di Riccardo II, hanno due barrette contro quelli di Riccardo III, che ne portano tre. Dal 1103 – 1105 fu duca di Gaeta Guglielmo di Blosseville, che non coniò monete ma fece apporre su quelle in uso, cioè di Riccardo I, le lettere D V (Dux Vilelmus); su alcuni follari di Riccardo II risultano queste due lettere. Gaeta continuò a coniare monete sotto i re normanni: Ruggero II (1135 – 1154), Guglielmo I (1154 – 1166), Guglielmo II (1166 – 1189) e Tancredi (1189 – 1194).
Questi follari hanno sul diritto il nome del re, sul rovescio la scritta “Civitas Gaieta” all’interno e al centro hanno raffigurato una fortezza o un castello. Successivamente si ebbero altri follari grazie ai re svevi Enrico VI e Costanza (1191 – 1198) e Federico II (1198- 1212). Bisogna ricordare che i cittadini di Gaeta, per i loro commerci sempre crescenti, sentirono il bisogno di una propria moneta, svincolata dalle continue successioni dei duchi. Così nella città si ebbe la presenza contemporanea di due diversi follari: quello autonomo, o civico, o comunale e l’altro di coniazione ducale o regia. Questi follari riportano il nome di S. Erasmo per disteso sul rovescio mentre sul diritto la legenda “Civitas Gaieta”. Per concludere la storia della moneta gaetana si deve ricordare il nummo argenteo del pontefice Gregorio IX (1229 – 1233), di cui, però, non si conoscono esemplari, gli alfonsini d’oro di Alfonso I d’Aragona (1436 – 1458) ed i falsi tornesi di Ferdinando I d’Aragona (1458 – 1494). Queste ultime due monete, avevano circolazione in tutto il Regno di Napoli e furono coniate in varie zecche, tra cui Gaeta. Il follaro, pertanto, ha rappresentato per la città di Gaeta, un periodo di completa autonomia territoriale, politica e soprattutto economica, consentendo, allo stesso tempo, una fonte di ricchezza inestimabile.
Alcune informazioni sui follari sono state acquisite dal sito: www.prolocogaeta.it