Il Comitato Spontaneo dei Cittadini del Basso Lazio, di concerto con il Laboratorio Socio Politico della parrocchia di S. Giacomo Apostolo di Gaeta e con la Comunità Parrocchiale di S. Erasmo di Formia, ha organizzato per sabato 12 maggio, alle ore 19.30, un incontro dibattito dal titolo “La privatizzazione dell’acqua tra sprechi, disservizi e fai da te”. Il ritorno delle piogge che alimentano le sorgenti e la scarsa popolazione invernale hanno fatto passare in secondo piano i ricordi dell’emergenza vissuta nell’estate 2017. Intere giornate senz’acqua e profondi disagi, le clamorose manifestazioni di protesta da parte della popolazione esasperata e l’avvio di una class action contro il Gestore, tuttora al vaglio del tribunale di Roma, costituiscono i tratti salienti di quella stagione.
Non bisogna dimenticare che l’estate 2018 è prossima e che non tutti gli interventi strutturali finalmente promessi dal gestore Acqualatina sono stati realizzati. Ciò induce a pensare che il pericolo di una nuova crisi idrica estiva non sia del tutto scongiurato e che perciò debba essere tenuto alto il livello di attenzione.
La ricerca effettuata dal relatore dell’incontro, l’ing. Marcello Di Marco, partendo dal Piano Regionale delle Acque del 2004, metterà a confronto le sue previsioni con la realtà del 2017, evidenziando i punti critici della rete idrica e della sua gestione. Ci si interrogherà sulla sufficienza delle due sorgenti, Mazzoccolo e Capodacqua, a rifornire d’acqua tutto il comprensorio del sud pontino anche in caso di siccità. La ricerca aprirà poi una finestra sul rapporto distorsivo che esiste, in caso di razionamento, tra la capacità dei serbatoi privati, il funzionamento della rete e la quantità d’acqua disponibile pro capite. Si è infatti verificata nel 2017 una corsa selvaggia al fai da te, attraverso l’acquisto e l’installazione di serbatoi e autoclavi, a dimostrazione di come la crisi idrica, oltre a creare i conosciuti e pesanti disagi, si ripercuota direttamente sulle tasche dei cittadini e renda le persone meno eguali, penalizzando le più deboli economicamente.
Un altro aspetto dello studio si focalizzerà sugli interventi previsti da Acqualatina per fronteggiare eventuali prossime crisi. I pozzi dell’Acervara, i dissalatori di Formia (anche se usciti dal novero degli interventi) e l’acquedotto di Cellole, se giustificati dall’urgenza del periodo estivo 2017, non essendo stati realizzati, hanno perso interesse. Gli stessi risultati di recupero di portata sono raggiungibili sostituendo le tubazioni e soprattutto, nel caso dell’acquedotto di Cellole, non creando dipendenza da altri gestori (Acquacampania), attraverso dannose triangolazioni d’acqua.
Infine, si proverà a fare un bilancio complessivo delle questioni aperte. Solo a seguito della crisi del 2017 e delle proteste popolari il Gestore ha accelerato gli investimenti. È mancata tutta la fase di prevenzione, incentrata sulla divisione della rete in distretti e sulla riduzione delle perdite, che pure era prevista nel Piano d’Ambito, nella Convenzione di Gestione e nel Piano degli Investimenti.
Il risultato è che, dopo quindici anni di Acqualatina, la rete del Sud Pontino continua a perdere nel sottosuolo oltre il 65% dell’acqua immessa nelle tubature. Un grande bluff, con buona pace dell’efficienza che una gestione manageriale privata, sotto il controllo pubblico, avrebbe dovuto imprimere al servizio idrico.
Un cambio di passo appare urgente. Sarà la ripubblicizzazione dell’acqua la mossa vincente? È tutto da vedere, ma perdere 19 milioni di mc d’acqua ogni anno nel solo Sud Pontino è inaccettabile ed è ora che qualcuno vi ponga rimedio.
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