Da alcuni giorni, il monastero di Colle Sant’Agata è ripulito dagli alberi e dalla folta vegetazione che ormai lo avvolge da anni; grazie a quest’ultimo intervento, finalmente, è possibile ammirare le mura perimetrali e i restanti locali interni (compresi alcuni affreschi, purtroppo in rovina).
Nell’ambito degli studi storici e culturali condotti sul territorio del rione Piaja dai membri dell’associazione culturale “Golfo Eventi”, alcuni componenti del “Piaja in Festa Lab” si sono recati sulla sommità del Colle per visitare le rovine e fare un piccolo documentario fotografico.
Il Presidente dell’associazione, Giovanni Russo, spiega che l’intento è quello di promuovere costantemente la ricchezza nascosta del rione, aggiornando i cittadini sullo stato attuale dei beni studiati: conoscere la storia del territorio significa conoscere le nostre radici e rafforzare l’identità collettiva.
Le foto realizzate all’interno del monastero sono disponibili sulla pagina facebook dell’Associazione: Golfo Eventi
Un po’ di storia…
Il monastero di Colle Sant’Agata, eretto dal Vescovo Francesco Gattola (1321-1340), per ospitare degli eremiti del Terzo Ordine dei Francescani, viene fondato nel 1327.
I Francescani (in un primo tempo del Terzo Ordine e successivamente i monaci stessi), svolgono fino a metà Settecento la loro attività spirituale, soprattutto a favore dei contadini che per ragioni lavorative non riescono a partecipare con costanza alle celebrazioni. I monaci assumono un ruolo rilevante nel territorio tanto che la carica di Padre Ministro è così prestigiosa da entrare a far parte della più alta gerarchia della curia di Gaeta. Due opere di valore, prima custodite nel monastero, le ritroviamo oggi nella Chiesa Parrocchiale di San Carlo Borromeo: si tratta del Crocifisso e della statua di Sant’Agata.
Nell’assedio del 1806, il cenobio, stando alla tradizione, diventa rifugio per il gruppo lealista del colonnello Michele Pezza (detto Fra Diavolo).
Pochi anni dopo, nel 1837, il convento diviene luogo di sepoltura per tutti i cittadini deceduti a causa dell’epidemia di colera.
Altro momento importante, nella storia del monastero, è l’assedio di Gaeta del 1861. Nella prima fase, infatti, i piemontesi vi costruiscono una batteria che viene subito smantellata perché poco utile per i fini della battaglia.
Durante la I Guerra Mondiale il sito viene impiegato dalla Marina Militare come corpo di guardia per avvistare (insieme alle postazioni di Forte Emilio Savio e della Batteria Monte Orlando Superiore), eventuali incursioni di navi austriache e tedesche.
Nel corso del II Conflitto Mondiale, invece, gli alleati, posizionati sul fronte del Garigliano, distruggono con una cannonata il campanile del convento (credendo di colpire una postazione nemica).
Ancora oggi, grazie alla pulizia effettuata, è possibile ammirare le mura perimetrali e le rovine dei locali interni. Parte del chiostro è ancora ben conservata e sono visibili da un lato, residui di affreschi e dall’altro, la scala di accesso alle stanze dei monaci.
Per concludere, occorre ricordare il rito che si svolgeva nel monastero, in ricordo dei monaci defunti e delle vittime dell’epidemia di colera; ogni anno (dal 1837 fino ai primi anni Settanta del Novecento), i gaetani, nei pomeriggi del 31 ottobre e dell’1 e 2 novembre, si recavano in pellegrinaggio verso la sommità del Colle, recitando delle preghiere. Arrivati in prossimità dei “trabucchi”, dove erano depositate le ossa dei defunti, si lasciavano dei lumini in loro memoria.
Ricerche storiche a cura del sig. Francesco Del Pozzone e Associazione Culturale “GolfoEventi”
Si ringrazia Fabio Nardini per la collaborazione
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