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Il Tortano Gaetano riscoperto da Chef Rubio: “Rinunciamo alla Colomba, riscopriamo i dolci tipici”

Alla vigilia del suo ritorno in onda con ‘Unti e bisunti’, da Pasquetta ogni lunedì alle 22 su Dmax, Chef Rubio, ovvero Gabriele Rubini, punta il dito contro quello che ormai è il dolce pasquale più presente sulle tavole della Penisola: “Italiani rinunciate alla colomba, è un prodotto industriale fin dalla nascita, o al limite fatevela da soli che verrà sicuramente meglio!“, esorta, intervistato dall’Adnkronos, aggiungendo che “l’Italia è piena di dolci veri della tradizione pasquale; io sono cresciuto con la pizza di Pasqua, che è diffusa in varie parti del Lazio (lui è di Frascati, ndr), ma tutti sono buonissimi“.

In effetti non è un mistero che la colomba venne inventata negli Anni Trenta del secolo scorso dal geniale Dino Villani (pubblicitario, pittore, incisore e critico d’arte), allora direttore della pubblicità della Motta, con lo scopo di ‘replicare’ in occasione della Pasqua il successo natalizio del panettone. Quanto ai dolci di tradizione, che Chef Rubio promuove in blocco, vanno dalla pastiera napoletana, alla cassata siciliana, dalla scarcella pugliese alla cuzzupa calabrese, dalla casadina sarda al tortano di Pasqua di Gaeta, dalla zambela romagnola alla pasimata lucchese e via risalendo lo stivale fino alla pinza triestina.
Sia chiaro, io non disdegno la colomba, ma quella artigianale, reinterpretata da maestri della lievitazione. Lo stesso discorso vale per il panettone. Da quando ho assaggiato colombe artigianali ‘vere’, fatte bene, quelle industriali – insiste Chef Rubio – non le ho più mangiate, neanche quando si sbocconcella qualcosa fra una mano di carte e l’altra, come succede durante le feste a tavola sparecchiata“.

Ma non si vive di soli dolci e per la sua tavola pasquale, nel senso più esteso dell’intero periodo di queste festività, Chef Rubio sposa in pieno la tradizione, quella laziale: “Io sono per cose come coratella, carciofi, pecorino, fave; cose fantastiche che ti fanno ‘fermare’, il contrario del ‘mordi e fuggi’ sempre più diffuso. Il cibo italiano all’estero è cool ma per noi è sempre più fico imitare gli altri, basti pensare alle fortune del salmone affumicato proprio sulle tavole delle feste. Gli italiani farebbero bene a fermarsi e ad essere se stessi“.
Quanto alle sue, di fortune, Chef Rubio le deve allo street food, protagonista indiscusso di ‘Unti e bisunti’ nella prima stagione e nella seconda che comincia domani, prima puntata a Bari, eppure questo non vuol dire che per lui il cibo di strada sia sempre e comunque da promuovere: “Si moltiplicano chioschi e chioschetti ma più in una logica americana che italiana e non sempre propongono cose buone. Lo street food o presunto tale è sempre più spesso riproposto da piccoli imprenditori che lo declinano come gli conviene“, afferma.
Stesso discorso per il ‘made in Italy‘, e qui Chef Rubio mira al bersaglio grosso, ovvero la catena Eataly di Oscar Farinetti che, afferma, “con il cibo non c’entra niente. Farinetti è semplicemente un imprenditore ed Eataly è una cattedrale nel deserto in un’Italia piena di materie prime eccellenti che non hanno nessun ponte per arrivare al popolo e che quella catena tratta in un’ottica esclusivamente commerciale. Si insegue un ‘made in Italy’ che fa bene ai grandi imprenditori ma non fa bene all’Italia“.
Il ‘made in Italy’ da lunedì Chef Rubio tornerà a declinarlo a modo suo, strada per strada, caracollando con il passo del rugbista che è stato davvero, allo scoperta di una cucina ‘povera’ locale. A Bari “ho trovato il polpo crudo, sbattuto sugli scogli e mangiato crudo, retaggi della cultura veneta come la polenta fritta, gioielli come i panzerotti con mozzerella e pomodoro oppure il riso patate e cozze. Bella cucina in una bella città dove non ero mai stato“, riassume.

Dopo Bari arriveranno Cagliari, la Barbagia, Genova, Milano, Roma, Chioggia, Bolzano e l’Alto Adige (Funes e Varna), Torino, la Val di Non, per un totale di 10 tappe in 12 puntate, inclusi due ‘Best of’. La seconda stagione di ‘Unti e bisunti’ su Dmax (Dtt canale 52, Sky 136-137, Tivùsat canale 28) ha lo steso plot della prima, con la ricerca di un avversario da sfidare sul suo stesso terreno come scusa per raccontare il cibo di strada di una città o di un territorio, ma con una differenza sostanziale: quando è stata girata la prima serie nessuno conosceva Gabriele Rubini mentre ora sono in tanti a sapere, e a riconoscere per strada, Chef Rubio. “Questo ha fatto molta differenza per me: l’esperienza, l’essere riconosciuto, mi ha dato più sicurezza, davanti alla telecamera sono molto più a mio agio e quindi ‘funziono’ meglio, anche grazie al lavoro costante con gli autori. Tutti ci siamo divertiti di più“, confessa.
Chef Rubio sottolinea poi, ridacchiando, che anche la produzione ha avuto i suoi vantaggi: “Se è vero che la curiosità dei passanti, molto maggiore che nella scorsa edizione, rallentava un po’ il lavoro, credo che la maggiore visibilità abbia fatto risparmiare un bel po’ alla produzione. Molte cose fra cibo e alloggio ci sono state offerte, molte porte ci sono state aperte, tutto è stato più facile“. La gara con un ‘professionista’ dello street food concluderà ogni puntata ma “non è una gara vera” afferma lui che delle gare ‘vere’ al centro di altri format tv ha una pessima opinione: “La televisione in realtà non la guardo ma qualcosa di quei programmi l’ho pescato su internet e proprio non li condivido. La cucina per me è condivisione mentre quelli sono spazi dedicati all’annientamento della persona, di stampo americano. Se mi chiedessero di fare un programma del genere mi interesserebbe solo se fosse un contest costruttivo e non distruttivo, con degli amanti della cucina e non degli aspiranti ‘capi’. In quel caso potrei anche metterci la faccia“.

adnkronos

redazione

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