Ma quanto è importante sviluppare un pensiero riflessivo ed un’attenzione rispetto alla strutturazione e alle caratteristiche del proprio spazio?
“Sentirsi a casa” è un’espressione molto comune, utilizzata per definire una situazione in cui ci si sente comodi, perfettamente a proprio agio.
Ed è forse proprio in un momento come questo che dovremmo provare a riflettere se effettivamente ci sentiamo a casa, nella nostra casa. Se abbiamo realmente abitato tutti gli spazi, se è abbastanza luminosa, se c’è abbastanza spazio per noi.
In che modo l’Architettura riesce a coniugare le caratteristiche fisiche dello spazio con i bisogni del singolo individuo?
Ne abbiamo parlato con gli architetti Margherita Pernarella e Martina La Rocca e con Antonio Conte dello Studio Tecnico Conte, che nelle loro professioni si occupano di Progettazione Architettonica e Urbanistica.
“Quello che rende un tecnico un buon professionista è la capacità di rispondere ad esigenze di funzionalità ed estetica con un’unica soluzione“, spiega l’architetto La Rocca che continua: “Ogni cliente sa, in linea di massima, di cosa ha bisogno in casa sua; pochi sanno, però, come rispondere a questa necessità ed è qui che subentra il tecnico, questa è la vera sfida, la scintilla che aziona il motore: rendere bello, pratico e commisurato alla persona che hai di fronte tutto ciò che a essa serve“.
“Un buon progettista -precisa l’architetto Pernarella- deve saper rispondere alle esigenze del cliente in un’unica soluzione che sia funzionale, estetica e mi viene da aggiungere, in questo particolare momento storico, anche versatile, pur conservando il suo “unicum”. Nella recentissima attualità infatti le nostre case non sono più solo dimora ma anche luogo di ufficio, studio, hobbies e tempo libero e nella stragrande maggioranza dei casi sono state adattate per diventarle“.
In cosa consiste il vostro lavoro?
Martina La Rocca: Creare lo spazio intorno all’uomo e per l’uomo, un luogo, un ambiente, una stanza o anche un semplice oggetto che ti parli del destinatario al primo sguardo e allo stesso tempo parli al fruitore di bellezza e utilità.
Antonio Conte: Progettare habitat “su misura”, individuare le esigenze da cui nasce il desiderio di trasformazione, ma anche sviluppare le idee del cliente supportandolo durante tutte le fasi delle lavorazioni, proponendo soluzione efficaci e innovative.
Margherita Pernarella: Mi faccio prestare le parole di due Maestri per rispondere a questa domanda. La prima citazione è di Renzo Piano ed io l’ho sposata come mia da sempre “L’architettura è l’arte di dare rifugio alle attività dell’uomo: abitare, lavorare, curarsi, insegnare e, naturalmente, stare insieme. È quindi anche l’arte di costruire la città ed i suoi spazi, come le strade, le piazze, i ponti, i giardini. E, dentro la città, i luoghi di incontro. Quei luoghi di incontro che danno alla città la sua funzione sociale e culturale” . Diciamo quindi che il nostro lavoro spazia dal trasformare una esigenza in una realtà, dall’abitazione al quartiere, “dal cucchiaio alla città” come invece sosteneva Rogers.
Cosa vi piace del vostro lavoro? Cosa vi entusiasma?
Martina La Rocca: Il bello di questo lavoro è il processo di risoluzione di un rompicapo che prevede molte vie d’uscita, a volte tutte altrettanto valide con lo scopo di individuare l’unica che calzi a pennello alla persona che a te si rivolge e implicitamente ripone in te la sua fiducia.
Ogni progetto prevede ostacoli da aggirare, problemi da risolvere e un grande compromesso tra il tuo gusto personale e quello del cliente. Il bello è tutto in questo processo di comprensione reciproca fra persone, ambienti ed esigenze con lo scopo ultimo di raggiungere un equilibrio e alla fine di ogni progetto conoscerai intimamente la persona che te lo ha commissionato e il luogo che lo ospita. Per quanto possa averti fatto pensare ogni lavoro ti avrà arricchito umanamente e professionalmente.
Margherita Pernarella: Il bello di questo lavoro è l’unicità di ogni progetto. Esigenze, persone e spazi sempre diversi. Un reset che si compie per ogni nuovo progetto e per ogni nuovo cliente. Nessuna catena di montaggio o ingranaggio consolidato ma una sfida sempre nuova e stimoli diversi. È certamente anche un nuovo contesto e nuovi soggetti con cui si viene in contatto (dai committenti alle imprese) ed è sicuramente un arricchimento.
Antonio Conte: Del mio lavoro, sopra ogni cosa, mi entusiasma la possibilità di aiutare le persone. Di stimolare le loro visioni, le loro percezioni, di tirare fuori quello che si portano dentro. Chi si rivolge a me è consapevole che il mio non sarà soltanto un parere tecnico-progettuale ma un vero e proprio intento nella ricerca del loro “Concept”.
Quali sono gli elementi che determinano veramente la qualità di un ambiente e di uno spazio?
Antonio Conte: Oltre alle caratteristiche che rendono gli spazi confortevoli come la circolazione dell’aria, l’esposizione alla luce naturale, la dimensione degli ambienti, quello che veramente a mio parere dona qualità ad uno spazio è l’essenzialità. L’equilibrio tra le esigenze quotidiane e quelle emotive, la possibilità di ritrovarsi in un luogo accogliente, non caotico, che rispecchi chi lo vive e parli anche un po’ di chi lo ha progettato.
Quasi sempre le abitazioni che vediamo nelle riviste sono caratterizzate da una relazione tra architettura e spazio esterno molto sinergico, il che è difficile riprodurre in un’abitazione più comune e diffusa, come per esempio un appartamento. Confermate questa tendenza?
Antonio Conte: Certo. Sono dei chiarissimi segnali di una richiesta emergente di avere più verde intorno. In particolar modo in questi giorni, chi non vorrebbe vivere all’aria aperta, avere un giardino, avere un contatto diretto con la natura? Questa sorta di cultura green, il concetto dell’abitare nella natura è sicuramente una tendenza sempre più diffusa, di cercare di vivere in un ambiente più naturale e più sano.
Qual è la fase del tuo lavoro che più ti piace? Che reazioni noti nei tuoi clienti alla consegna del lavoro?
Antonio Conte: Poiché il processo che va verso la fase conclusionale del lavoro è abbastanza complesso, le soddisfazioni, come talvolta anche i problemi, non sono propriamente immediati. C’è da dire però, che la fase embrionale è particolarmente entusiasmante. Il tempo in cui si lavora fianco a fianco con la committenza, è lo strumento con il quale ci si conosce a vicenda e ci si inizia a fidare l’uno dell’altro, come fosse un vero e proprio corteggiamento.
Margherita Pernarella: Sicuramente anche la fase di progettazione è un momento particolare. Perché è il momento in cui sei solo con i milioni di concetti del tuo cliente che cerchi di trasferire nero su bianco. Io in quella fase mi ritrovo spesso a pensare “chissà se lo stupirò? se era questo che cercava?”, proprio come se stessi confezionando una sorpresa per una persona cara. Ammetto anche che a volte, mentre disegno, lo immagino già calato in quegli spazi come se stesse già sistemando le buste della spesa nella nuova dispensa. E’ la prima fase di concretezza, ma anche di tanta immaginazione.
Martina La Rocca: Interessante è poi la consegna del lavoro, vedere il cliente passeggiare in un luogo che fino a poco tempo prima era solo sulla carta e scoprire che quasi sempre il risultato finale è, per te e per lui, ancora meglio di quanto avevate immaginato.
Antonio Conte: Adoro per esempio vedere i miei clienti girare per casa con le mani, ancor prima di poterlo fare con gli occhi.
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