#Itri: ancora crisi per l’#Olivicoltura

“Non c’è pace tra gli ulivi”. Suona ancora una volta malefico il titolo del fortunato film di Giuseppe De Santis, ambientato nella quasi totalità a Itri. E sempre a Itri la piccola variazione sul tema “Non c’è pace per gli ulivi” caratterizza la svolta negativa della stagione olivicola che, alla sua vigilia, l’abbondante carico degli alberi lasciava intravvedere, invece, copiosa e redditizia. Dopo due anni di magra quasi totale, infatti, all’apertura dei frantoi i produttori itrani hanno riversato migliaia di quintali di frutto raccolto presso le strutture molitorie del paese. Li stimolava a fare presto la paura di cascole dovute al vento o alla grandine e soprattutto l’occasione propizia di vendere il primo olio prodotto dopo due anni di crisi e tanto atteso da chi ne era rimasto sprovvisto. Soprattutto quella redditizia clientela romana e napoletana che è solita rifornirsi dai contadini itrani che hanno conquistato, ormai, la fiducia degli acquirenti metropolitani. E così il primo olio prodotto, extravergine, profumato e con quella colorazione marcatamente verde che conquista i palati alla sola vista, è andato quasi a ruba, acquistato dagli habituées flegrei e capitolini anche a dieci euro al litro, con la cooperativa UNAGRI (Unione Agricoltori Itrani) che lo ha venduto, inizialmente, a 9 euro e ora a sette. La fase della prima molitura si è fermata con l’Immacolata quando termina la raccolta, da parte dei grossisti, delle olive “bianche” (per distinguerle da quelle “nere” la cui raccolta inizia dopo San Giuseppe) da conservare in salamoia, sotto acqua e sale. Buono anche il prezzo, un euro e ottanta centesimi, soprattutto rispetto al crollo dell’importo pagato gli anni scorsi. Ora, mentre si aspettava la data del 19 marzo per raccogliere le olive “nere”, con gli alberi stracarichi, le due “mazzate”: il clima caldo che non ha fatto maturare il frutto (l’oliva “assangua”, cioè diventa nera, se l’inverno è freddo) e l’apocalisse delle bufere di vento che hanno provocato la caduta di buona parte del raccolto, hanno spinto la gente a rinunciare alla raccolta delle olive per la loro commercializzazione in salamoia e la loro destinazione alla molitura insolitamente fuori stagione. Purtroppo, secondo l’analisi degli agronomi, anche le olive che riusciranno a scampare alle bufere di vento, non raggiungeranno la maturazione completa che le rende nere e ricercatissime, se completamente “assanguate”, dal mercato partenopeo. Preoccupata di questa nuova emergenza, la dirigenza della coop. Unagri, su iniziativa del presidente Domenico Franchi (nella foto), ha disposto l’apertura del ritiro delle olive di San Giuseppe (quelle solitamente classificate come “nere” ma che quest’anno hanno conservato una maturazione marrone per via dell’incompleta maturazione) con i primi giorni di marzo. Questione, ora, di una settimana e si conosceranno anche i prezzi con cui verranno rimborsati i produttori per ogni chilo di prodotto consegnato. Una stagione che conferma il trend non più redditizio del settore, dopo le due annate negative passate e alla luce anche della liberalizzazione degli oli stranieri fatti entrare in Italia a prezzi stracciati, al pari della loro infima qualità. Proprio come sottolineano a Itri i produttori olivicoli.

Di Orazio Ruggieri

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