Nell’ambito de “La Terra dei Briganti“, evento estivo realizzato dal Comune di Itri in collaborazione con la Pro Loco e l’Associazione Terraurunca, per il ciclo “Briganti al cinema”, vi aspettiamo giovedì 23 luglio al Museo del Brigantaggio con “L’amante di Gramigna” (1968), di Carlo Lizzani, con Gian Maria Volontè, Stefania Sandrelli e Ivo Garrani.ore 21.00 – ingresso libero.
Il cineforum proseguirà coi seguenti appuntamenti presso il Museo del Brigantaggio di Itri (ore 21.00 – ingresso gratuito)
12 Agosto “Il Brigante Musolino” M. Camerini 1950.
20 Agosto “Salvatore Giuliano” F. Rosi 1962
24 Agosto “Donne e Briganti” M. Soldati 1950
“L’amante di Gramigna” (1968), di Carlo Lizzani
Tratto dall’omonima novella di Verga, il film, ambientato nella Sicilia del 1865, racconta le vicende del contadino Gramigna, che, truffato dal barone Nardò, è costretto a lasciare la casa che il barone ha ormai affittato ad Assunta e a sua figlia Gemma. Divenuto brigante per vendicarsi del torto subito, Gramigna comincia a uccidere i complici di Nardò e, braccato da uno squadrone di cavalleria piemontese, piomba nella sua vecchia casa dandole fuoco. Nella casa si trova Ramarro, dipendente del barone e promesso sposo di Gemma, venuto con i parenti per il contratto nuziale. Mentre gli ospiti fuggono impauriti, Gemma, contraria al matrimonio combinato, si allontana con Gramigna. In breve i due diventano amanti e Gemma si dà alla macchia condividendo con lui rischi e pericoli. Ramarro viene ucciso e il padre di Gramigna, su consiglio del barone, cerca di sorprendere i due latitanti servendosi di un povero demente. Il bandito, fiutando l’inganno, reagisce selvaggiamente ammazzando il demente; Gemma è costretta a fuggire ma, mentre cerca di raggiungere la casa della madre, viene bloccata da alcuni uomini di Nardò che la violentano.
Gramigna, ormai disperato, arriva fino al barone per completare la sua vendetta, ma lo trova ormai agonizzante dopo l’assalto dei braccianti, che si sono finalmente ribellati alle sue prepotenze. Mentre infierisce sul corpo di Nardò, sopraggiungono i soldati piemontesi che lo uccidono.
Funzionale l’uso del dialetto siciliano, che ambienta e caratterizza la vicenda e, in contrasto col dialetto piemontese, fa risaltare l’opposizione e l’incomprensione psicologica, attraverso quella linguistica, tra “dominati” e “dominatori”.
L’opposizione è anche evidenziata dal contrasto tra il bianco e la pulizia delle divise piemontesi e lo scuro degli abiti siciliani e dal fatto che i piemontesi sono quasi sempre a cavallo come in alto sul livello del volgo: “superiorità” altezzosa marcata spesso dall’angolazione e dalla figurazione.
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