Joseph Pennacchia in campo alle comunali: “Il mio impegno per curare il disagio giovanile di Itri”

E’ il più giovane candidato alla carica di consigliere comunale nella storia di Itri, essendo nato il 1° maggio di solo 19 anni fa. Ma, al di là dei suoi dati anagrafici e dal colorito profilo etnico-socio-culturale che gli sta facendo monopolizzare i consensi dei giovani della numerosa comunità locale, Joseph Pennacchia, che porta dietro tutto l’entusiastica voglia di dare un senso alla quotidianità locale, da troppo tempo appiattitasi se non spentasi, dimostra di avere le idee tanto chiare. Le voci della gente, supportate da testimonianze dirette, parlano di un giovane che ancora 18enne, si era presentato spontaneamente nella sezione dove ci si incontrava per dare corpo alle proposte del “Vivaio delle Idee”, una confluenza di quanti, ai più disparati livelli di impegno, volevano imprimere una sterzata all’arida desertificazione socio-culturale-operativa che aveva fatto calare le tenebre oscurantistiche di un novello Medioevo su Itri, con i giovani che ne pagavano le conseguenze peggiori per la totale mancanza di risposte alle loro attese e soprattutto alle loro ansie. E proprio al persistente stato di disagio giovanile fa riferimento Joseph quando afferma di voler privilegiare le priorità operative riferentesi a una gioventù locale tanto vasta numericamente quanto spaesata nelle ipotesi traccianti il suo domani. “La latitanza dello Stato e delle istituzioni e degli organi che localmente sono delegati a interfacciarsi con i giovani sono, purtroppo, un dato negativamente acquisito e gravemente penalizzante, che hanno determinato la mortifera desertificazione della vita aggregante dei giovani a Itri. Non posseggo la bacchetta magica –prosegue Joseph- per indicare soluzioni taumaturgiche, ma qualche idea, forse ritenuta dalla gente non completamente idonea, io ce l’avrei. L’importante è che si inizi a parlarne, perché il guaio, credete a me, sta anche nel fatto che i giovani, per lo meno la stragrande maggioranza, dimostra di non avere voglia di parlare di impegni civili allorchè si chiede loro almeno solo di confrontarsi per pochi minuti sulle realtà che li riguardano. Forse perché delusi da tante generazioni e da tanti educatori che non hanno saputo rapportarsi con loro, questi tentativi di discorso li trovano apaticamente indifferenti, se non proprio fastidiosamente rifuggenti. Da qui la mia preoccupazione primaria: dimostrare ai miei coetanei che chi si impegna nella guida delle vita pubblica sa parlare a tutti, ma ai giovani in particolare, con un linguaggio semplice, reale, quasi fotografico delle cose più importanti da fare. E soprattutto di quelle fattibili e non dei soliti castelli in aria che si promettono alla gente ma che si sa bene di non poter garantire per la difficile loro realizzabilità. Personalmente non starò lì a indicare, quasi come un profeta, i dogmi infallibili da predicare, ma mi metterò ad ascoltare quello che la gente e i giovani, soprattutto, vorranno realisticamente proporre. E il mio impegno, tanto per fornire qualche anteprima, non si proietterà come un lavoro a compartimenti stagni. Mi spiego meglio: non ritenete voi che un lavoro sinergico dei giovani, ogni tanto messi a confronto e impegnati negli ambienti sociali che aggregano le persone della terza e quarta età, possa essere foriero di risultati positivi che tutti o gran parte della gente cerca di avere da programmi tanto sofisticati nelle parole e al tempo stesso tanto difficili da realizzare? Non vi deluderò!”

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