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La storia di questa figlia adottiva è tutta un abbraccio; le parole che racconta si aprono per accogliere la sua famiglia adottiva, la sua nuova vita, i suoi ricordi e infine, il suo passato che chiude arriva a chiudere il cerchio. 

Sono nata in una ricca cittadina del nordest con la nota dicitura “da donna che non consente di essere nominata “, sono stata per quattro mesi ALL’IPAI prima di essere adottata da quella che poi sarebbe diventata la mia famiglia . Naturalmente non ho ricordi di quel periodo ma mia mamma mi ha sempre detto che ero una neonata agitata e che dormivo e mangiavo poco, tanto che il giudice ha chiesto a mia madre di lasciare il lavoro per dedicarsi a me cosa che ha fatto con piacere e non l’ho mai sentita nei miei 42 anni recriminare questa scelta.

Arrivai a casa il 4 agosto del 76 e per due giorni e due notti stetti in braccio a mamma perché ogni volta che cercava di mettermi nella culla non sentivo ragione, probabilmente il trauma dell’abbandono lo avevo sperimentato anche se così piccina.

Ero una bambina solare e chiacchierona e molto curiosa di ciò che mi accadeva attorno .

Stavo bene con papà e mamma, meno con i parenti forse con il senno di poi perché sentivo una certa reticenza da parte loro.

A sei anni mia mamma mi disse che doveva dirmi una cosa importante , ricordo che eravamo in giardino, non ricordo se papà era con noi, mi disse che ero nata da un ‘altra mamma e che non mi aveva potuto tenere con sé perciò mi aveva dato in adozione, certamente capì poco ma crebbi con la sensazione che l’adozione fosse un fatto naturale tanto che mi sentivo in diritto di fare un sacco di domande e anche di parlarne con chi lo desideravo. Scoprì presto che vivendo in un paesino di duemila anime i miei compagni di scuola lo sapevano già ed è per questo che mia mamma me lo disse evitando così che lo venissi a scoprire da altri .

Quando fui un po’ più grandina mi diedero tutti i miei documenti che spulciai in modo meticoloso scoprendo almeno il cognome fittizio . La mia madrina di battesimo era ed è anche l’assistente sociale che mi fece arrivare nella mia famiglia essendo del paese i miei genitori per riconoscenza le chiesero di farmi appunto da madrina di battesimo ed ogni volta che ne sentivo la necessità andavo a trovarla per chiedere di questa mamma naturale. Lei naturalmente ha sempre risposto in modo diplomatico, che era una bella ragazza, che doveva continuare gli studi e la sua famiglia non ha voluto che mi tenesse con sé. Io, sono sempre cresciuta con la consapevolezza di essere stata amata , la mia vita per me è sempre stata un dono, per la mia mamma biologica ho riservato un posto nel mio cuore e sempre lì è rimasta, naturalmente con le varie fasi della mia vita.

L’adolescenza è stato forse il periodo più difficile perché non mi sentivo nel posto giusto, non in famiglia ma con i miei compagni di scuola, con i parenti ,in paese mi sentivo di non appartenere tanto che finita la terza media decisi che volevo andare a studiare a Vicenza a 100 km da casa, i miei genitori sono stati molto intelligenti perché hanno capito il mio disagio e mi hanno assecondata, difatti per me sono stati i più bei anni della mia vita, ho trovato nuove amicizie e professori che mi hanno dato molto ,inoltre ero in convitto alle Dame Inglesi e avevo una vita sociale molto attiva come piaceva a me. Rientravo a casa nei fine settimana e mi godevo la mia famiglia. Cinque anni volati tra amicizie , studio ma riuscii a trovare anche il ragazzo che poi sarebbe diventato mio marito. Mi sposati a 20 anni appena finito la maturità e arrivarono prestissimo due gemelli e quattro anni dopo un altro bel maschietto, nel frattempo ero rientrata nel mio paese di origine con una maturità e una consapevolezza diversa, mi dedicavo ai miei figli, ero ben inserita nel tessuto sociale e continuavo a voler sapere chi mi ha donato la vita . Feci la mia prima istanza nel 2008 che mi venne negata, non mi persi d’animo e richiesi e ottenni almeno una parte della mia cartella clinica di nascita così scoprì il gruppo sanguineo della mia mamma biologica, il fatto che ero una neonata irrequieta ma in buona salute . Diciamo che negli anni un cui avevo i miei figli piccoli la mia vita era incentrata sulla loro crescita e la mia mente andava meno verso la mia adozione anche se guardandomi allo specchio mi chiedevo spesso a chi potessi assomigliare visto che le mie caratteristiche fisiche erano del tutto diverse dall’ambiente in cui vivevo . Alla soglia dei quarantanni venni contattata da un ‘associazione di Faenza tramite il sito le radici e le ali, mi venne chiesto se avessi avuto piacere di intervenire presso la loro associazione per parlare della mia adozione.

Avrei parlato ad alcune coppie di genitori adottivi , la cosa mi entusiasmo’ subito e quindi accetta di buon grado. Nello stesso periodo la figlia di una mia amica si stava laureando in scienze sociali e aveva deciso di fare la tesina sull’esperienza dell’adozione quindi mi chiese se la potevo aiutare portando la mia storia nella sua tesina naturalmente accetta i molto volentieri. Grazie a tutte queste coincidenze nella mia mente inizio’ di nuovo a farsi spazio l’idea, l’esigenza di chiudere anche il mio cerchio. Andai a Faenza e fu un’esperienza molto bella apprezzata dai genitori adottivi che mi fecero parlare per più di 2 ore , tornata a casa mi resi conto che era arrivato proprio il momento di trovare chi mi aveva dato la vita . Dopo varie peripezie riuscì a trovare la donna che mi aveva dato la vita purtroppo era deceduta già da molti anni ma trovai molte persone che me la raccontarono ebbi delle foto e potei portarle un fiore al cimitero. Finalmente potevo dire che i miei cerchio si era concluso avevo trovato chi fisicamente mi assomigliava ma anche caratterialmente , restare meravigliata da tante coincidenze anche sul piano dello studio e di pensiero. Le sue amiche mi hanno detto che cammino nello stesso modo che ho lo stesso sguardo e che gesticolo come lei. Chiudendo il mio cerchio ho raggiunto un livello di serenità che non avrei mai creduto è sempre di più penso che lassù lei mi ha sempre guidato. Sono felice di non aver mai provato nessun sentimento negativo nei suoi confronti e sono ancora più felice della mia famiglia adottiva che mi ha cresciuta ricordandomi che la vita è un dono e che va rispettato.

Di Alessia Maria Di Biase

redazione

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