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Latina, liste d’attesa ASL: il “caro” diritto alla salute

Emanuela lotta ogni giorno contro il cancro ed è una persona che non vuole rimanere indifferente di fronte alla nota lentezza dei tempi d’attesa dell’ASL di Latina. Per questi motivi lo denuncia pubblicamente.

CALL FOR ACTION – Questa battaglia non può e non deve essere ignorata dai cittadini che vogliono essere parte attiva nel miglioramento dei servizi pubblici e della loro gestione, in special modo quando da questi dipende il diritto alla salute e, soprattutto, alla vita.

Leggi l’articolo e, successivamente, copia e invia il testo della mail agli indirizzi di posta elettronica segnalati.

*La denuncia di Emanuela Straolzini è stata scritta in prima persona per dare la possibilità ai lettori di mettersi nei panni di chi lotta tutti i giorni contro il cancro e la burocrazia.

Liste d’attesa: una lotta contro il tempo
Da un’ecografia fatta il 23 luglio 2016, ho scoperto di avere un carcinoma al seno. Sapevo già cosa mi aspettava, avendo perso mio padre nel 2014 per un cancro ai polmoni. CUP – Centro Unico Prenotazione

La scorsa estate, ho amaramente constatato che per un ecocardiodoppler con visita cardiologica e una TAC total body comprensiva del cranio – visite obbligatorie per l’avvio di ogni ciclo chemioterapico idoneo al tipo di cancro che mi ha colpito -, i tempi di attesa del Centro Unico di Prenotazione (CUP) della Regione Lazio potevano sfiorare anche gli 8-10 mesi: a settembre 2016 ho chiamato per sapere per quando avrei potuto prenotare questi ed altri esami e mi è stato risposto che le prime disponibilità sarebbero state per la primavera-estate del 2017. Non ho mai prenotato per poi non presentarmi.

Per me, un’attesa così lunga suonava come una sentenza di condanna a morte. Le metastasi, proprio loro, non aspettano nessuno. Un giorno in più, spesso, corrisponde a varcare in maniera irreversibile il punto di non ritorno, un tentennamento in più può significare perdere la possibilità di guarire o, semplicemente, di poter sopravvivere un po’ più a lungo.

Lottare contro il cancro costa
Se non avessi fatto ricorso, anzi mi correggo, se non avessi potuto ricorrere alle più rapide prestazioni private forse oggi neanche starei qui a raccontare questa storia, poiché il cancro contro cui combatto è molto aggressivo, di tipo G3, e un’attesa più lunga, anche solo di qualche giorno, avrebbe significato l’incontrollata diffusione del male. Dal canto mio, ho la fortuna di avere una famiglia alle spalle che mi sta aiutando a sostenere molte spese e, grazie a questo “privilegio”, ho la possibilità di difendermi al meglio da questo male galoppante senza precludermi alternative più costose.

Esistono molte famiglie o persone sole che, a fine mese, hanno un margine economico striminzito se non inesistente, cittadini che, come è successo a me, non dovrebbero sentirsi proporre date papabili per visite pubbliche – per cui pagherebbero comunque un ticket – a distanza di due, tre, sei mesi o addirittura di un anno. Il cancro, a volte, non ti avvisa neppure quando arriva. Tuttavia è così lampante che c’è qualcosa di importante che non va se un cittadino paga le tasse ma non vede alcun ritorno di queste in termini di servizi resi.

Molti medicinali che assumono le persone malate di cancro sono a pagamentoQuotidianamente assumo almeno 12 farmaci (di cui la maggior parte sono a pagamento) per compensare i diversi disequilibri che questa malattia e i cicli chemioterapici comportano. Spendo dai 60 ai 90 euro – diciamo settimanalmente -, e se nessuno in famiglia è in grado di fare iniezioni, o se si è soli, bisogna considerare anche il costo giornaliero dell’infermiere a domicilio.

“L’esenzione è una presa in giro”, questo mi sono sentita dire spesso.

Quasi quasi, cosa me ne faccio di un riconoscimento del genere se a tutto il resto – chemio e qualche visita in regime di urgenza a parte -, vuoi perché il sistema sanitario nazionale lo esclude o perché le tempistiche sono proibitive, devono provvedere di tasca loro le persone malate (e le loro famiglie)?

Lista pubblica di attesa e intramoenia senza attesa
In principio pensavo che l’unica alternativa ai tempi biblici dell’ASL di Latina fossero gli studi medici privati, non ero neanche a conoscenza del servizio di intramoenia, o forse sì, ma non sapevo distinguerlo dall’offerta pubblica. In poche parole, l’intramoenia sono le visite presso ASL od ospedali erogate dai medici che hanno un contratto con la sanità pubblica ma che portano avanti quest’altra attività al di fuori del loro orario di lavoro contrattuale e, quindi, in regime di attività libero professionale (A.L.P.I.). A volte, l’intramoenia viene confusa dagli utenti con la prestazione ordinaria della ASL, perché medici, ambulatori, macchinari – questi ultimi, talvolta vetusti e obsoleti – e gli sportelli presso cui prenotare sono i medesimi. Stesso personale, stessi mezzi, stesse prestazioni, differente è solo la destinazione del denaro.

Voce di popolo dice che senza ticket si paga un pochino di più (solo per esami relativamente semplici) ma la visita è disponibile molto prima che seguendo la prassi del ticket. Immagine di un monitor dell?accettazione della ASLPoco male, l’importante è avere subito un referto per capire com’è il quadro clinico. Ciò che cambia è solo il rapporto tra il tempo e il denaro: più soldi → meno attesa; meno soldi → più attesa. Ora ricorro anche io a questa via per abbreviare i tempi nonostante abbia diritto di accesso agli esami clinici con “priorità B – breve” – 10 giorni max -, e sebbene questa regola venga disattesa.

Se, invece, l’offerta è migliore per prezzo e strumentazione, oltre che per le tempistiche, ricorro tranquillamente al libero mercato. I macchinari a disposizione degli specialisti e degli studi privati quasi sempre sono di ultima generazione, precisi e affidabili, e capita che le tariffe siano più concorrenziali rispetto ad alcuni tipi di prestazioni intramurarie (vale sicuramente per la TAC e l’ ecodoppler), il cui prezzo, invece, viene pattuito dal medico – con contratto pubblico – in accordo con la ASL locale che trattiene per sé il 5% dell’importo, in teoria per coprire tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dall’azienda sanitaria.

L’intramoenia poteva essere una buona chance per valorizzare economicamente le eccellenze sanitarie pubbliche, dando al contempo un’alternativa all’utenza con più esigenze. Questa, però, avrebbe dovuto rimanere un’offerta secondaria, di supporto al pubblico, e non l’unica strada percorribile in tempi accettabili. Quindi, anche ad un occhio inesperto, è chiaro che o il sistema dell’intramoenia in sé è insostenibile, o viene gestita male e non vengono effettuati i dovuti controlli, o è diventata solo una sostanziosa e intoccabile rendita per le aziende sanitarie locali e indirettamente per le casse disastrate della sanità laziale. Oppure tutte e tre le cose.

La motivazione per cui non penso che questo sistema di visite para-privatistiche possa giovare al sistema pubblico, sarà anche banale, però mi basta osservare che il sistema di gestione delle liste di attesa col ticket è al collasso.

redazione

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