Il barone Luigi Amato, tenente generale, nacque ad Amantea in Calabria Citeriore nel 1753 da Cristofaro e da Caterina Marincola. Cadetto nel reggimento “Messapia”, nel 1772 fu promosso luogotenente.
Partecipò all’assedio di Tolone e, nel 1799, era già maggiore. Passò tra le fila francesi facendo una notevole carriera. Dopo il 1799, ritornati i Borbone, si ritirò in esilio a Marsiglia (come moltissimi napoletani condannati all’esilio o fuggiti). Al ritorno dei francesi tornò a Napoli dove fu nominato nel 1806, colonnello della Gendarmeria. Nel 1808 era già generale di divisione e comandante delle armi nelle Calabria. Nel 1811 divenne tenente generale e fu nominato governatore degli Abruzzi. Combatté per conto dei francesi contro le insorgenze nelle province meridionali (archiviate come brigantaggio). Fu addirittura creato Commendatore dell’ Ordine reale delle Due Sicilie e nominato da Murat Barone.
Fatto non insolito è che al ritorno dei Borbone fu reintegrato e ripassò di nuovo sotto i Borbone, che lo “perdonarono“. Lo confermarono anzi nell’Ordine di San Giorgio della Riunione (che sostituì il francese Ordine delle Due Sicilie), il Barone Amato compare addirittura negli statuti di fondazione di tale ordine con la promozione massima di Cavaliere di Gran Croce. Fu nulladimeno tenuto nel grado di Generale.
L’ultimo suo incarico, ormai settantenne, fu quello di comando del Reggimento I° Divisione a Gaeta, questo anche per tentare di curarsi con la buona aria del golfo dalla Stranguria (un disturbo urologico patologico).
La sua biografia tratta da “Le vite de’ più celebri capitani e soldati napoletani” di Mariano d’ Ayala del 1843 ci racconta che morì a Mola di Gaeta (Formia), ove risiedeva nel 1820. L’ultimo sospiro arrivò tra le braccia del suo amico, il Cav. Filippo Albito Piccolomini (proprietario della Villa e della Chiesa di San Remigio a Formia, ove tutt’oggi è sepolto).
Della sua morte fu informato il Re che da Sessa, ove si trovava, ne ordinò solenni funerali. Questi si tennero nella Chiesa di San Giovanni, alla presenza di tutto il Comando di Gaeta. Il giorno dopo fu trasportato a Gaeta via mare e seppellito della Cattedrale di Sant’Erasmo.
Daniele Iadicicco
in allegato:
1) Arma della famiglia Amato di Amantea
2) Tomba del Cav. Filippo Albito Piccolomini nella sagrestia della sua Chiesa di San Remigio a Formia. Non avendo discendenti diretti lasciò la Villa e la Chiesa al Duca Paolo Gattola. Egli a sua volta la diede in eredità alla figlia Francesca, che sposò Felice Patroni Griffi dei Conti di Calvi, i cui eredi ancora oggi abitano la Villa.