Ludovico I (a volte mal tradotto Luigi) fu, come suo Padre, Re di Baviera dal 1825 al 1848. Era zio carnale della famosa Sissi e di Maria Sofia ultima Regina delle Due Sicilie, eroina di Gaeta.
Molto interessato alla cultura, in ogni sua forma, operò molte riforme e avviò molti processi volti alla riscoperta di valori, tradizioni ed istituzioni bavaresi, perse nei secoli o indebolite dal Sacro Romano Impero. Amò la storia, l’archeologia e l’arte sopratutto greca e italiana. Questo lo portò a viaggiare molto ed a occuparsi, anche politicamente, di queste due nazioni. In onore del suo matrimonio avvenuto il 12 ottobre del 1810 celebrò il primo Oktoberfest, come segno di festeggiamento ed abbondanza.
Ludovico fu anche prolifico poeta, anche se non preso molto in considerazione nel suo tempo. In uno dei suoi viaggi soggiornò a Mola di Gaeta (oggi Formia). Ne rimase completamente rapito tanto da dedicargli un componimento poetico ispirato dal trascorrere del giorno e della notte in questo magnifico luogo. Ebbe a dire “Dolce la vita è qui…è la beltà delle create cose“.
Qui di seguito la poesia tratta da “Poesie di Lodovico re di Baviera recate in versi italiani dal Cav. Dionigi”. Prato 1856.
MOLA DI GAETA
La Notte
Placido figlio della notte abbraccia
Il silenzio la terra, che sepolta
Nel sonno il guardo solitario invita.
Innumerevoli numero di gente,
Che di sopra fu vissa, insieme dorme,
E non lascia di se vestigio alcuno.
Ciò, che fu, poco dura e presto passa
Tutto è preda del tempo. Io da me dentro
Sento quel che sarò; te ne sospiri
Invoco Esser degli Esseri, che in seno
Nascondi l’avvenir. Placido e mesto
Luce sul mare il raggio della luna,
E sovra interminabile pianura
Diffonde innumerevoli faville:
L onda s’increspa, e dolcemente cheta
Copre e discopre mormorando i lidi
Sempre con metro egual; metro comune
A tutta la natura. A giorni i giorni,
Genti seguono a genti e regni a regni;
Però che mai non vien meno l intero
Per difetto di parti, e di salire
In vera perfezion sempre si affanna;
Ma perfezion non ha sua stanza in terra.
Di spirito divino è particella
E scintilla di Dio l’ alma immortale.
Oh luce dilettosa! oh dolce notte
Nelle piaggie di Esperia! Ivi lo spirto
In lungo antiveder smarrito giace;
E quindi l’uom da meridiano loco
Meno da lungi al suo fattor ritorna.
La Mattina
Era l ora, che il sol dalla marina
Con gran pompa sorgea. Se giù la notte
Cade, se torna il sol, superba e grande
Se tu sacra natura: a vita nova
Ciascuna cosa si ridesta e splende.
Oh lieta scena di felice mondo,
Che s’apre agli occhi miei! Ecco la bella
Partenope, che fu stanza de Greci
Ecco le fiamme di Vesèvo antiche.
Nell’aperto del cielo infra i vapori,
In che il sol si rifrange, atri di fumo
Ondeggiano volumi: alla frescura
Di sereno mattin segue la vampa
D’un affocato die, come vecchiezza
Succede a gioventù. Nulla dimora
In te cosa terrestre, itala piaggia,
Che pingi di celeste ogni subietto.
Amor qui m’arde, e qui in amor mi fido.
Dolce la vita è qui; scala al fattore
È la beltà delle create cose
Che invita a riverirlo, e con acuti
Strali di ammirazion ripugne il core.
Simile all oceàn, che non ha sponda,
Si para al mio pensier tempo futuro:
Come nuota lo sguardo in tratta immensa
In estasi così l’ alma è rapita.
Daniele E. Iadicicco