“Mai più”: questo il titolo delle giornate della memoria 2015 dei Teatri Riuniti del golfo, un cartellone di eventi tra Formia e Gaeta, promosso in collaborazione con l’Ipab SS. Annunziata e la Fondazione Alzaia, per commemorare lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento, per raccontarlo in modo non banale, non per onorare una ricorrenza ma per dare importanza alla storia.
Si inizia il 19 Gennaio al Teatro Ariston di Gaeta con il teatro per le scuole con “La valigia dei destini incrociati”, si continua il 20 con Caffè Shoa della Compagnia “Magazzini di fine millennio” in replica per tutti ad ingresso libero alle 20:30 anche al Teatro Remigio Paone di Formia. Si Concluderà il 21 Gennaio alle 20:30 al Teatro Bertolt Brecht con la proiezione de “La Tregua” di Francesco Rosi, recentemente scomparso, a cura di Alessandro Izzi.
Da qui partirà il tour de “La Valigia dei destini incrociati” in scena a Castellammare, Cosenza, Bari, Pratola Peligna e Palermo. Lo spettacolo di Alessandro izzi per la regia di Maurizio Stammati in scena con Margherita Vicario, Elio D’Alessandro e Salvatore Caggiari è una produzione firmata Teatro Bertolt Brecht, Teatri Riuniti, Ipab, Fondazione e Associazione Fuori Quadro. Un modo per portare il nome del golfo in giro per l’Italia. Un lavoro intenso che con parole importanti ed una valigia a quadri ha il compito ed il merito di raccontare l’olocausto ai ragazzi. Una stazione ferroviaria italiana, un capostazione gentile, una cassiera innamorata, ma non troppo, di un insegnante di educazione fisica ispirato dall’ideologia fascista e Angelo, che passa le giornata aiutando i viaggiatori a portare le loro valigie. Perché Angelo, con le valigie, ci parla. E loro gli rispondono, almeno così dice lui. In questo microcosmo ideale, figlio del 1943, arriva e non arriva David, bimbo ebreo che scappa e si nasconde dagli occhi di tutti. La sua venuta obbliga ognuno a prendere la sua decisione e a fare la sua scelta. “Sulla scena c’è solo l’Italia e solo il goffo tentativo di raccontare i campi di concentramento e sterminio in una lingua che non è la nostra, ma quella delle valigie, testimoni non più mute, ma sempre difficili da interpretare correttamente, dell’orrore”, afferma Alessandro Izzi.
“CAFE’ SHOAH. Il teatro della memoria”, invece, della Compagnia “I Magazzini di fine millennio” è uno spettacolo teatrale costruito come un mosaico di parole, corpi, suoni, immagini che racconta, con un pizzico d’umorismo yiddish, la tragedia della Shoa. Ufficialmente il nazismo non tollerava scherzi. In realtà l’umorismo più arguto di quegli anni bui viene da chi aveva meno da ridere, ovvero gli ebrei, capaci di spirito e sorriso anche sull’orlo di un precipizio. Per quanto oggi possa sembrare incredibile e fuori luogo, anche su queste morti organizzate si inventavano barzellette, e non erano gli assassini nazisti o i cittadini tedeschi indifferenti a farlo ma gli stessi ebrei, che usavano questo tipo di umorismo estremo per farsi coraggio. Persino la situazione più disperata perdeva in parte il suo terrore se ci si poteva ridere sopra. Molte di quelle barzellette sono fortunosamente arrivate fino a noi grazie al racconto dei pochi sopravvissuti alle azioni di sterminio. “CAFE’ SHOAH” ha inizio proprio da una di quelle barzellette raccontate da Shlomo, un attore comico ebreo, sopravvissuto ad un campo di concentramento. La storia dello spettacolo ha inizio a Vienna, estate 1945. La guerra è appena finita. In un immaginario café – cabaret della città, si incontrano due persone: Shlomo, attore comico ebreo sopravvissuto ad un campo di concentramento e Adolf, un borghese ariano che ha condiviso la politica nazist.
“La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. “La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare”, Octavio Paz.
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