Il maestro organettista Ambrogio Sparagna racconta al quotidiano L’Unità le novità de festival di Maranola che domenica ospiterà Francesco De Gregori: “Uno dei pochi artisti che non ha mai snobbato il folk”.
“E poi alla fine, gira che ti rigira, sempre lì si torna. Alle radici, ai luoghi di partenza, alle basi. Si ritorna alla musica ribelle per davvero, che è quella popolare, fatta di canti contadini e di lotta, quella che usa gli strumenti della tradizione e ne distilla i suoni, li applica al Terzo Millennio, li trasforma e ci fa battere il cuore. Si torna, e dai e dai, alle feste di paese, alla musica che fa ballare e cantare forte anche vecchi e bambini. La musica come giostra, piacere fisico, vissuto di generazioni. Lo sapete, per esempio, che in Italia esistono più suonatori di zampogna che virtuosi di viola e fagotto? Lo sapete che da 23 anni a Maranola, borghetto sopra Formia, in provincia di Latina, si tiene un festival dedicato proprio a questo strumento, aerofono a sacco con le canne, che ha un timbro unico, a metà tra il Natale e la nostalgia? Ecco, ideatore della Festa della Zampogna, con Erasmo Treglia, è Ambrogio Sparagna, il maestro organettista, tra i più testardi e ostinati ricercatori di folk autentico, gagliardo. Quarant’anni spesi a dare forma, dignità e diffusione a un genere che per troppo tempo abbiamo considerato di serie B, dimenticando che tutto comincia da lì. Domenica a Maranola l’ospite del festival sarà Francesco De Gregori che, all’ interno della Chiesa dell’ Annunziata, ritirerà un premio speciale, una zampogna tradizionale degli Aurunci costruita dal liutaio Marco Tomassi per l’occasione.
Ma perché proprio la zampogna, Sparagna? Non si sente più suonare neppure a Natale…
E invece è uno strumento meraviglioso, che sta vivendo un periodo di diffusione massima. Ci sono migliaia di ragazzi che hanno ripreso a suonarlo e tantissimi giovani costruttori. Per esempio Marco Tomassi, che ha realizzato la zampogna per Francesco De Gregori, oltre ad essere un musicista è anche un ingegnere della Fiat. E sta applicando le sue conoscenze tecnico -scientifiche per innovarla. Nello specifico delle modifiche per le canne, affinché oltre al bordone (il suono fisso, ndr) si possa produrre un più ricco panorama di accordi.
Nel resto di Europa la musica popolare ha un ruolo di assoluto valore. A differenza che da noi.
Già, è così, ed è amaro doverlo constatare. In Francia e in Belgio si tengono festival internazionali dedicati, per dirne una, alla cornamusa. Rockstar del calibro di Sting o Springsteen studiano le loro radici.
Qui sono in pochi gli artisti da alta classifica che hanno voglia di contaminarsi con la memoria. Francesco De Gregori è uno di questi, ha sempre guardato con rispetto e attenzione al folk.
La vostra è una collaborazione “antica”, dai tempi de “La via dei Romei”, il suo disco del 1996 in cui De Gregori vestiva i panni del cantastorie. Poi vi scambiaste le cortesie, e nel 1997, fu lei a partecipare al suo album dal vivo, “La valigia dell’ attore”. Uno scambio reciproco di saperi, una alchimia vera per cui canzone d’ autore e musica popolare si fondono in un territorio misterioso e fantastico.
È vero. Francesco ha questo tipo di sensibilità. E si sente chiaramente anche in “Vola Vola Vola”, il live che con l’ Orchestra Nazionale Italiana abbiamo registrato all’ Auditorium di Roma. È un musicista attento.
Ha avuto e dimostra ancora grande interesse per suoni e strumenti della nostra tradizione. Dall’ organetto alla ghironda passando per zampogna e ciaramella.
Quello di Maranola è un festival che resiste da 23 anni. Come fate? Sovvenzioni, aiuti, sponsor?
Macchè, facciamo tutto da noi. I musicisti che vengono a trovarci li ospitiamo a casa. È una dimensione assolutamente rustica, semplice e familiare.
E poi nel giardino del paese, piantate alberi di specie botaniche sempre più rare, dimenticate.
Lo abbiamo chiamato “il giardino dei canti”. Cerchiamo di ripopolarlo e farlo vivere con piante da frutto che quasi non si trovano più. Anche questo è un gesto simbolico, prezioso. Restituire vita alla terra con arbusti che ieri avevamo accanto, erano parte delle nostre vite, e adesso sono solo un lontano ricordo. Sono venuti in tanti a sostenerci anche in questo progetto, da Francesco Di Giacomo a Nino D’ Angelo, dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare a Simone Cristicchi. Ogni volta è una festa.
Ecco, a proposito di festa. Ogni suo concerto è una specie di gioco collettivo, un baccanale. Gente che balla, si muove a ritmo.
Un sacco di ragazzi e ragazze.
Questo è il mio più grande orgoglio, portare ai concerti i giovani, comunicare la passione. Il nostro è un Paese bellissimo con una cultura popolare straordinaria. Ed è quella che noi proponiamo, attualizzandola, inserendo in questo substrato caldo come humus, la nostra linfa, idee nuove, elementi aggiuntivi. Il pubblico è cambiato, ha orecchie attente e un’ altra sensibilità. Ha voglia di ritrovare i luoghi, le atmosfere e i suoni della memoria. Ha voglia di cuore che pulsa, di sincerità e di passione. All’Auditorium le ultime due date di “Chiara stelle” con l’ Orchestra Popolare Italiana (lo spettacolo di Sparagna con i canti tradizionali del Natale, ndr) sono andate esaurite in un battibaleno, non c’ era un posto libero. Segno che nonostante la paura, la crisi, nonostante tutto quella che proponiamo è musica che sa parlare, sa comunicare.
Il suo ultimo concerto, se non sbaglio si è tenuto per l’ inaugurazione della nuova mensa della Caritas alla stazione Termini.
Che emozione. Seicento persone a battere le mani. Sì, confermo: l’ Italia è un luogo formidabile. Con un patrimonio di solidarietà e cultura come pochi altri.