Che le Olive di Maranola fossero buone, nutrienti e super richieste non c’erano di certo dubbi.
Ma che questo prodotto fosse già esportato ed apprezzato dagli chef della capitale già quattro secoli fa risulta una bella novità.
Uno dei volumi storici più interessanti della cucina partenopea del 600 è senz’altro il libro “Lucerna de corteggiani” .
Fu scritto nel 1634 da Giovanni Battista Crisci, uno dei cuochi più famosi della Napoli di quel tempo.
Crisci inserisce in diversi Menù “l’Oliva di Maranola”.
Per “Oliva di Maranola”, ci spiega il professor Giuseppe Nocca, a quel tempo ci si riferiva solo al posto da cui venivano le olive e non ad una varietà particolare. Come pure quando ci parla di olive nere o bianche o grosse ci si riferisce al momento della raccolta ed alla conservazione, e non a specie diverse.
Spiega Monzù nella ‘Storia della Cucina napoletana’ : “ A differenza degli altri testi di gastronomia del tempo “La Lucerna” non contiene ricette, cioé istruzioni su come preparare le pietanze, ma più di 400 menu, ognuno dei quali comprende dai 18 ai 200 piatti differenti”.
Nello stesso testo troviamo anche l’ ‘Oliva di Gaeta’. Questo non sminuisce la scoperta anzi la rafforza. Il Crisci, pure conoscendo la più nota ‘Oliva di Gaeta’, la differenzia nei menù da quella di Maranola. Le Olive di tutto il Golfo erano spesso etichettate come “Olive di Gaeta” perché, come da sempre spiegato, era da Gaeta che le olive venivano spedite e vendute in ogni dove. Questo ha sempre creato contese e malumori intorno a questo prodotto.
Lo chef Crisci, però, ha già conoscenza del prodotto specifico di Maranola, inserendo in tre suoi menù, due modi per proporle: “Olive di Maranola negre soffritte con oglio, e pepe sopra”; “Olive di Maranola soffritte con oglio, e pepe”; ed “Olive di Maranola servite con limoncello, e pepe” (per limoncello si intende una decorazione fatta con una qualche specie di limone, utilizzando forse solo la buccia o delle fette dello stesso, il limoncello come liquore esiste da soli 100 anni).
Insomma un prodotto già citato 400 anni fa, e quindi di fatto che i nostri produttori locali erano già in grado di esportare. Per capire l’importanza del riferimento basti pensare che è l’unico prodotto citato in questo libro dell’intero Golfo di Gaeta. Un prodotto sul quale occorrerebbe tornare ad investire di più, favorendo produzioni di qualità che possano tornare a farsi notare nel mercato nazionale ed internazionale. Oggi le produzioni, tolti rari casi, sono ferme al consumo meramente familiare o territoriale.
Daniele E. Iadicicco