PUBBLICARE le foto dei propri bambini su Facebook o comunque su Internet è pericoloso e sconsigliabile, almeno secondo Valentina Sellaroli, Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Torino con competenza su Piemonte e Valle d’Aosta. Anche se la nuova funzione Scrapbook del noto social network sembra migliorare l’attuale situazione sarebbe bene essere a conoscenza di quali sono i rischi.
Partiamo da Scrapbook (trad. “album”). Sarà disponibile a breve negli Stati Uniti e più avanti probabilmente negli altri paesi. Si tratta di un gestore di foto che organizza in maniera più efficiente tutti i propri scatti sfruttando specifici TAG. “Se scegli di taggare tuo figlio in una foto questa sarà aggiunta in un album personalizzabile”, si legge sul blog ufficiale. “E le foto che decidi di taggare potranno essere condivise con i tuoi amici o gli amici della tua compagna/o”.
In pratica la condivisione è più restrittiva a garanzia della propria privacy, come d’altronde consente anche la pagina Facebook principale – se non costringesse a perdere la testa dietro alle opzioni di personalizzazione. Dopodiché il TAG può essere effettuato solo dai genitori e non da amici o estranei. Il rischio di esporsi a situazioni rischiose però non cambia.
“Il primo invito alla prudenza viene banalmente dalla diffusività del mezzo. Pubblicare su internet la foto dei propri bambini è di per sé atto che potenzialmente può raggiungere un numero di persone, conosciute e non, indiscutibilmente più ampio che non il semplice gesto di mettere la foto dei propri figli più o meno in mostra sulla propria scrivania”, sottolinea il PM Sellaroli.
“Significa, cioè, esporli realisticamente ad un numero esponenzialmente maggiore di persone che possono anche non avere buone intenzioni e magari interessarsi a loro in maniera poco ortodossa. Non è così frequente ma neppure irrealistico il rischio che persone di questo genere (genericamente pedofili o persone comunque interessate in modi non del tutto lecite ai bambini) possano avvicinarsi ai nostri bambini dopo averli magari visti più volte in foto online”.
Esiste anche una seconda preoccupazione che nasce da condotte criminose anche più frequenti. “Quelle di soggetti che taggano le foto di bambini online e, con procedimenti di fotomontaggio più o meno avanzati, ne traggono materiale pedopornografico di vario genere, da smerciare e far circolare tra gli appassionati”, prosegue il sostituo procuratore della Repubblica, Valentina Sellaroli.
“Questo genere di condotta non è affatto così infrequente nella realtà, specie se parliamo non di singoli ‘appassionatì del genere ma di circoli e giri di pedopornografici che producono immagini di questo tipo per uno scopo di lucro o comunque per un interesse personale di scambio su larga scala. Si pensi infatti al valore aggiunto che hanno immagini moltiplicate più e più volte a partire dagli stessi bambini reali (e dunque senza troppi rischi materiali) ma giungendo ad ottenere un numero assai significativo di immagini pedopornografiche che sembrano ‘nuove’ e dunque più appetibili”. Da sottolineare che anche la pratica del fotomontaggio è punita come quella di coloro che producono queste foto con bambini reali e “non sempre serve che le pose siano sessualmente lascive o esplicite, come veniva richiesto un tempo”.
“Infatti la legge di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale (cd. Convenzione di Lanzarote), nel 2012, ha modificato la norma del nostro codice penale che punisce la pedopornografia minorile introducendone una nozione esplicita”. “Per la prima volta: si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore degli anni diciotto per scopi sessuali”.
Come spiega in dettaglio il Pubblico Ministero la decisione quadro del Consiglio Europeo n. 2004/68/GAI del 22.12.03, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini, esplicitamente intendeva per pornografia infantile anche, all’art. 1 n. 3 “immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto nella suddetta condotta”. “È punita dunque anche la realizzazione virtuale di una immagine che veda bambini o comunque minorenni coinvolti in immagini esplicite (ove per esplicito potrebbe bastare anche la nudità degli organi sessuali) utilizzate per scopi sessuali da chi le produce, le cede, le riceve o le detiene”.
Infine da rilevare un altro rischio che riguarda i casi di adozione o di affidamento di bambini allontanati da famiglie pericolose, maltrattanti o abusanti. “Se il bambino era già abbastanza grande quando è stato allontanato, rischiano di avere un canale di ricerca in più per raggiungere i bambini e le loro nuove famiglie che così non possono più essere tutelati nella loro riservatezza ed anche nella incolumità personale”, conclude il pubblico ministero Sellaroli.
(*) della redazione di TOM’S HARDWARE ITALIA
Fonte: Repubblica.it