Abbiamo appreso che nei giorni scorsi, l’Amministrazione Comunale ha confermato la scelta della pavimentazione (bianca) che andrà a ricoprire il primo tratto di Lungomare Caboto di Gaeta Medievale, interessato dai lavori di restyling. Ci duole constatare ancora una volta, che, nonostante i numerosi incontri avvenuti tra il Comitato Gaeta Storia e bellezza, i rappresentati dell’Amministrazione Comunale e l’Autorità Portuale di Civitavecchia, che finanzia l’intera opera di riqualificazione, e la condivisione da parte di quest’ultima delle preoccupazioni espresse dal Comitato in merito all’utilizzo di materiali incompatibili con la finalità di valorizzare un’area, come quella in esame, caratterizzata da cospicue testimonianze storico-architettoniche, sia stata spregiudicatamente negata alla Comunità Cittadina. Ai tavoli di lavoro avviati con le Autorità competenti fin da febbraio dello scorso anno, Il Comitato si è sempre avvalso del supporto e della conoscenza di stimati professionisti del settore, uno tra tutti il Prof. Paolo Micalizzi (Titolare del corso di “Storia della Città e del Territorio” presso la Facoltà di Architettura – Università Roma 3), le cui osservazioni, di natura tecnica ed estetica, sulle debolezze del progetto di restyling avallato dall’Amministrazione Comunale, è stato momento di arricchimento non solo per i membri del comitato ma per gli stessi tecnici dell’Autorità Portuale, rappresentata nell’ultimo incontro di novembre, dall’ing. Marini. Uno dei passi della relazione del Prof. Micalizzi presentata all’AP, citava testualmente:
“… sono altresì aggravate dalla scelta, per le nuove pavimentazioni, di materiali assolutamente non idonei, costituiti da lastre di “pietra compatta” bianco, per i marciapiedi del lungomare, e addirittura da listoni in gres porcellanato simil-legno per i viali pedonali tracciati lungo il tratto del fronte bastionato. La scelta di quest’ultimo tipo di pavimentazioni è assolutamente incongrua, sia perché non ha nessun riscontro né collegamento con alcuna delle pavimentazioni del centro storico, sia perché è addirittura in contrasto con le caratteristiche di un’opera, come gli antichi bastioni, nata per finalità militari. E’ assodato, inoltre, che le pietre chiare siano assolutamente inadatte per questo genere di pavimentazioni in ragione della violenta rifrazione della luce naturale e del conseguente abbagliamento che le stesse provocano, soprattutto nelle giornate assolate, e per la facile alterazione del bianco soggetto a ingiallimento e a interazione con materiale organico. Non a caso nel “nostro” centro storico prevalgono nettamente le pavimentazioni in pietra lavica nera, potrei fare molti altri esempi ma per ora mi chiedo solo per quali oscuri motivi non si tragga mai insegnamento dalla secolare sapienza di quanti hanno impresso in tanti antichi manufatti le regole di un’antica sapienza, trasmessasi di generazione in generazione e impressa nelle pietre della città storica. Laddove l’oblio degli insegnamenti da trarre da un simile patrimonio ha prodotto e ancora produce, con l’attivazione di soluzioni improprie, nuove fratture fra presente e passato. Nel caso in esame, la scelta della “pietra compatta” bianco è tale da generare quella sgradevolissima discontinuità (rilevata anche nella relazione di progetto) rispetto alle preesistenti pavimentazioni in porfido che ha indotto il progettista ad adottare la soluzione, peggiore del male, di frapporre ad esse una fascia di “acciottolato arrotondato”!
Abbiamo condotto fieramente una battaglia per difendere l’identità storica del nostro borgo, consapevoli delle difficoltà alle quali saremmo andati incontro, motivati tuttavia dalla numerosa partecipazione e sostegno di cittadini, molti dei quali residenti all’estero, preoccupati per le sorti del patrimonio storico preesistente.”
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