In Italia i rifiuti radioattivi sono in costante aumento, basti pensare che ad oggi sono presenti oltre 90.000 metri cubi di rifuti di vario genere. Tra le località ove si trovano questi rifiuti c’è anche Latina che, assieme a Trino (Vc), Caorso (Pc), Garigliano (Ce), Bosco Marengo (Al), Saluggia (Vc), Casaccia (Rm) e Rotondella (Mt) contengono complessivamente circa 55.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di cui circa 10.500 ad alta attività e altri 44.500 a media e bassa attività. A questi si aggiungono i rifiuti radioattivi di vario livello come quelli derivanti da attività diagnostiche, terapeutiche, di medicina nucleare, da macchinari contaminati e dispositivi utilizzati per la ricerca in campo medico e farmacologico, oltre che ovviamente dalle industrie.
Proprio per garantire una corretta informazione su un tema così importante, è nato l‘Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare, organismo indipendente promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Sogin.
Naturalmente la gestione dei rifiuti soggiace ad una precisa direttiva europea: la 2011/70 Euratom, la quale ha imposto ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito che sia in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali.
Fortunatamente l’Italia con il decreto legislativo 31/2010 aveva già previsto la creazione di un deposito nazionale all’interno di un ‘Parco tecnologico’ destinato alla ricerca di soluzioni per la definitiva messa in sicurezza di questa tipologia di rifiuti, finanziato circa 2,5 miliardi di euro e da realizzarsi in 5 anni. Non ci resta che attendere e sperare che tutti i rifiuti vengano gestiti nel miglior modo possibile.