Il grande faro di Tiberio a Sperlonga doveva essere uno spettacolo. Ricercato dagli archeologi per secoli, era considerato il simbolo di quella monumentale residenza baluardo che il secondo imperatore di Roma (figlio di Livia, l’amata terza moglie di Augusto) aveva deciso di realizzare su questo lembo roccioso di costa laziale a sud della Capitale, baciato da acque cristalline. I suoi fuochi erano visibili notte e giorno a diversi chilometri di distanza.
E il riferimento ideale più immediato (anche per lo stesso Tiberio) era con l’imponente faro di Alessandria, considerato una delle sette meraviglie del mondo. Fino ad oggi la sua esistenza è rimasta nell’aura delle ipotesi (le ultime risalgono agli anni ’80 del secolo scorso), e trovare le prove archeologiche della sua esatta collocazione aveva il sapore di una sfida di grande suggestione per gli studiosi. Che ce l’hanno fatta.
«Per la prima volta sono stati condotti rilievi terrestri e subacquei lungo tutta la spiaggia per concentrarsi sul promontorio dove oggi sorge la torre medievale di avvistamento di Sperlonga», racconta la Soprintendente ai beni archeologici del Lazio Elena Calandra. «Ed è qui che è stato identificato finalmente l’intero basamento del faro di Tiberio, ad una ventina di metri dal livello del mare», annuncia la Calandra che ieri ha presentato i risultati delle ultime campagne di scavi condotte a settembre scorso nell’area archeologica della Villa di Tiberio, promossi dalla Soprintendenza in collaborazione con le università degli Studi di Milano e degli Studi di Napoli L’Orientale, in stretta sinergia con il Comune di Sperlonga e l’Ente Parco Regionale Riviera di Ulisse.
Proprio sotto la torre medievale sono state riconosciute le strutture murarie del basamento del faro: «Si tratta di muri in opus reticulatum che riaffiorano dal promontorio e che risalgono all’età di Tiberio, che governò dal 14 al 37 dopo Cristo, e che svelano una planimetria circolare», dice Fabrizio Pesando de L’Orientale.
LE PROVE
La forma circolare e la posizione non lasciano dubbi che si tratti del faro, il monumento cardine di quel sistema di avvistamento ma anche di segnalazioni: «Punto di riferimento marittimo che, come sappiamo, Tiberio utilizzò nel tempo, anche quando si ritirò a Capri durante le famose fasi della destituzione di Seiano», precisa Pesando. Come rievocano i biografi, Tiberio, dalla vetta di Capri, osservava i segnali che in tempo reale lo aggiornavano sull’arresto e la condanna a morte dell’ambizioso soldato, divenuto amico e confidente influente dell’imperatore, ma che, secondo alcune fonti, aspirava a succedere a Tiberio, e per questo caduto in disgrazia. Il faro di Sperlonga è stato l’anello chiave della comunicazione in quelle fatidiche ore.
Non è finita qui. I rilievi eseguiti dallo staff dell’università di Napoli hanno interessato anche tutta l’area archeologica subacquea di fronte alla famosa Grotta di Tiberio, compreso il leggendario isolotto “tricliniare”, il luogo in cui, secondo le fonti storiche, si sarebbero svolti i famosi banchetti di Tiberio guardando lo spettacolo della grotta naturale con le coreografie dei gruppi scultorei di Ulisse e Polifemo.
«Innanzitutto i dati, rielaborati in laboratorio, hanno permesso una serie di nuove osservazioni sull’uso dell’isolotto centrale, rileggendolo come un giardino acquatico», avverte la Calandra. Ma la vera sorpresa sono le strutture murarie sommerse, fino ad oggi interpretate solo come piscine acquario con pesci esotici di vezzo ornamentale. «Abbiamo capito, invece, che queste quattro vaste peschiere venivano usate per l’allevamento intensivo di murene», dice Pesando. A testimoniarlo sono i numerosi colli e bocche di anfore di età tiberiana riaffiorati, incastonati nei muri, i tipici nascondigli delle murene. Un uso molto più pragmatico che ribalterebbe l’interpretazione di questa porzione dei piaceri della villa.
GLI ALIMENTI
Le novità non sono finite, perché in una zona inedita mai indagata della villa, gli archeologi dell’università di Milano hanno riportato alla luce un grande forno del diametro di oltre due metri con una cupola in parte conservata, non altro che la cucina al servizio del palazzo imperiale, dove sono riemersi anche frammenti di ceramiche. Come a dire, il quartier generale del masterchef di Tiberio.
«Di solito si pensa alle ville imperiali come a qualcosa di statico, invece qui viene svelata la vita di tutti i giorni», riflette la Calandra. «Si tratta di un forno da alimenti, destinato alla preparazione dei cibi – spiega Fabrizio Slavazzi – La parte più antica risale al I secolo dopo Cristo, ma ci sono tracce di riuso fino al V secolo». Epoca in cui questa parte della villa viene abbandonata. Le scoperte giocano un ruolo chiave, ora, per Sperlonga: «Servono ad ampliare la conoscenza del luogo – dice Elena Calandra – e soprattutto a tutelarlo».
Fonte della notizia: IlMessaggero.it
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