Lo hanno salutato in tantissimi, martedi 27, a Itri, dove si è svolto il rito esequiale presso la chiesa dell’Annunziata, commossi e partecipi alla sua dipartita terrena. E sì, perché il prof. Gustavo Di Cicco, nativo di Sant’Apollinare, nei pressi di Cassino, aveva segnato un’epoca nella cittadina natale di Michele Pezza, il leggendario fra’ Diavolo. Coniugato con l’ins. Flora Schiappa, materna docente presso le scuole elementari (oggi ribattezzata scuola primaria di primo grado) di Itri, il prof. Di Cicco, improntando la sua esistenza allo spirito alfieriano del “volli, sempre volli, fortissimamente volli”, cercò, nella vita, come il versatile uomo di grande cultura astigiano, di raggiungere con caparbia determinazione tutti i traguardi che si era prefisso di conquistare. Forte della sua formazione culturale acquisita nelle scuole religiose del Frusinate, ai tempi in cui si dovevano conoscere anche a memoria passi dei capolavori epici del ciclo omerico, chiaramente nella lingua del Greco antico o Greco attico, spaziava sul variegato panorama della letteratura latina, senza tralasciare la conoscenza dei cosiddetti “minori”. Nella formazione umanistica rifulgevano, poi, le ampie sintesi o le analitiche osservazioni sulla universalità della letteratura italiana, dove il genio e il messaggio di Alessandro Manzoni conferivano alle sue conoscenze quelle peculiarità che un altro grande del nostro patrimonio culturale recitò essere utili “per seguir virtute e canuscenza”. Operativo, inizialmente presso la “Riccitelli” di Minturno, la società privata che assicurava il perfetto trasporto passeggeri nel sud della provincia, fu corteggiato dalla dirigenza della “Stefer”, che subentrò all’azienda di Traetto, prima di approdare alla regionalizzata A.C.O.T.R.A.L. nel 1975 quando il ciclone della neonata Regione Lazio (1970) rivoluzionò la struttura dei servizi nella regione di quella che era stata definita “Caput Mundi”. Ma il prof. Di Cicco, benchè gratificato dalle valutazioni dei suoi superiori, non si fermò mai nel processo di crescita culturale, affacciandosi da solo, lui che già parlava più che correttamente la lingua inglese e conosceva abbastanza bene anche il francese e lo spagnolo, alla non semplice lingua russa, cogliendone, oltre la foneticamente dura “ortoepia”, l’etimologia delle parole e le differenze dal flusso neolatino e anglosassone che contraddistinguevano l’essenza delle lingue fino allora da lui conosciute. In questa “alfieriana” corsa a migliorarsi senza soluzione di continuità, rifulgevano le sue quasi uniche di garbo e di cortesia di altri tempi, soprattutto con quelle persone che ne sapevano cogliere la finezza dei modi e la schiettezza dei sentimenti. Interveniva sui contenuti culturali (a quel tempo ce n’erano, n.d.r.) dei programmi dell’allora creativa Rai TV nazionale e sulla globalizzazione del sapere che varcava nuove frontiere, quasi in coincidenza del primo sbarco umano, da parte degli Stati Uniti d’America, sul suolo lunare. E l’elenco potrebbe continuare, arricchendosi delle simpatie che gli pervenivano indirettamente dai consensi polarizzati attorno alle trascinanti personalità dei tre figli. Antonello, instancabile lavoratore e ammirevole marito e genitore. Marilena, preparatissima docente di scuola primaria di primo grado e contesissima insegnante, da parte delle famiglie, nella scelta degli insegnanti per i loro figli. E Pierpaolo, un vulcano in ininterrotta eruzione dove la qualità professionali si fondono con la disponibilità verso tutti e l’eccelsa qualità dell’onestà che lo fanno amare (o contrastare da parte di chi non condivide certe meritevoli positività di idee che lui propugna). Dalle sintesi ideologico-politiche su quanto avviene nel mondo, alla “caliente” passione calcistica dai colori nero e bianco, dalla egregia esperienza di arbitro di calcio, per finire al suo “furore epico” profuso tra gli “aficionados” della curva sud dello stadio calcistico di Itri, c’è tutta una “summa” di simpatie che Pierpaolo ha saputo conquistarsi meritandosi quasi, come qualcuno ama ripetere in paese, l’Oscar del “sorriso”. E nella mestizia per il trapasso terreno, salutato nel pomeriggio di martedi 27 dicembre 2022, queste qualità, unite a quelle immortali che il papà aveva saputo conquistarsi nella sua vita vissuta con la dignità che oggi è merce rara reperire, sono state l’anima delle preghiere, dei sentimenti e dell’applauso interiore che in tanti hanno voluto tributare al prof. Gustavo Di Cicco. Ciao, professore, e fai ripassare agli angeli, lassù, le lezioni di Greco e di Latino, anche perché sono pochi coloro che potrebbero, in futuro, darti una mano, in questo campo, tanto competente.
Orazio Ruggieri
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