Due, ma potrebbero essere uno. Eppure sono due. Due figure in scena. Sembrano gemelli. Forse perché sono vestiti nello stesso identico modo, con un tessuto che li fa assomigliare ad una carta da parati, o ad un inutile suppellettile passata di moda. Ma a volte sembrano uno, questi due perché si immergono l’uno nell’altro, si intrecciano fino a che le gambe dell’uno sono le gambe dell’altro, le braccia dell’uno sono le braccia dell’altro, il torso dell’uno e’ il torso dell’altro.
Questo il ritratto estemporaneo de “Il bambino che verrà”, lo spettacolo della compagnia Imprevisti e probabilità in scena domani alle 21 al Teatro Bertolt Brecht di Formia per “Sciapò”, la stagione del teatro a cappello in cui è il pubblico a decidere quanto vale lo spettacolo. Il progetto, ideato e diretto da Domenico Santo, ha l’obiettivo, il sogno, di creare una rete che, partendo dal Teatro Civico 14 che ha attivato il circuito di Sciapò, viaggi per tutta l’Italia garantendo piazze alle compagnie aderenti.
Scritto da Soledad Agresti, sulla scena insieme al regista Raffaele Furno, le due figure protagoniste dello spettacolo sono molto operose e un pò caricaturali, un pò grottesche, un pò paradossali. Operose perchè costruiscono muri, spingono complicati marchingegni, producono energia, raccolgono cibo, ma soprattutto in cuor loro e nei loro dialoghi aspettano. Aspettano un salvatore, un redentore, nella forma di un bambino che li solleverà finalmente da tutte queste gravose quotidiane incombenze di costruire muri, spingere marchingegni, produrre energia.
Se Beckett e Ionesco fossero ancora vivi forse scriverebbero testi come “Il bambino che verrà” perché alla fin fine la condizione umana non è così mutata. Abbiamo molti più giocattoli tecnologici, mangiamo piatti più sofisticati, facciamo vacanze in mete esotiche ma siamo pur sempre alla ricerca della stessa felicità , in attesa speranzosa di un futuro migliore , prigionieri delle stesse paure, schiavi della stessa crudeltà come ogni altro essere umano che ci ha preceduto.