Quella che si corre ogni 29 giugno ad Anghiari è una gara podistica dove il fair play non è la regola.
C’è chi viene preso per la giacchetta e rallentato, c’è chi si cosparge di olio per rendere la presa più difficile e c’è chi viene spinto in un fossato per cedere tempo e terreno prezioso.
Tutto però rientra tra le regole del gioco.
Se ne vedono di belle in quei cinque minuti di corsa o poco più che caratterizzano il Palio della Vittoria, rievocazione storica della Battaglia di Anghiari, disputata quel giorno di estate del 1440 tra le milizie milanesi dei Visconti contro quelle di Firenze alla guida di una coalizione di cui facevano parte Venezia e Roma.
A colpi di lancia e di mazze si decisero i confini del Ducato di Toscana e la sua cultura.
Storia, politica, letteratura e arte, la Battaglia di Anghiari segnò un momento importante del Rinascimento, tanto da trovar posto nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio per mano di Leonardo. Un affresco perduto, diventato un mito per i pittori di ogni epoca e di cui vive traccia in una copia di Rubens.
Quest’anno ha vinto la squadra di Milano in cui ha spiccato Salvatore Gambino di Gaeta, classe 1980, che lavora nel capoluogo lombardo. Gambino è un podista affermato, ma come da lui stesso affermato ha scoperto solo qualche giorno prima di partecipare che la gara sarebbe stata “diversa” dalle altre e nella quale tutto è concesso.
La gara si corre dal 1441.