Ormai è diventato un episodio da discussione animata e da condanna generale sui social e tra la gente.
Si tratta dell’albero di olive che sorgeva, vivo e vegeto, a Itri a fianco della carreggiata della consolare Appia, all’altezza del bivio per Sperlonga.
Verdeggiante e rigoglioso fino a pochi giorni fa, di punto in bianco ha visto le sue foglie appassirsi e seccarsi.
A quel punto si è precipitato a curarlo Massimo Cannella, l’itrano che aveva salvato l’alberello dalla fine prematura dopo che un fulmine ne aveva abbattuto, in campagna, la pianta madre, recuperando il giovane tronco della pianticella, mettendolo a dimora al bivio per Sperlonga e prendendosene cura ogni anno con la regolare e competente potatura e l’adeguato trattamento richiesto da quel tipo di alberello che, tra l’altro, simboleggia il simbolo di Itri, paese della vasta produzione dell’oliva definita “cultivar itrana”.
E, nel cercare di rimetterlo in sesto, Cannella ha ribadito, al pari di centinaia di persone, la condanna del gesto tanto assurdo che ha “offeso l’Itranità di cui l’ulivo è la secolare icona” aggiungendo che “qualora il tentativo di recupero non dovesse avere buon esito, piantumerò un altro giovane ulivo per perpetuarne la significante presenza per chi, in auto o a piedi, si trova a transitare in quel luogo”.
di Orazio Ruggieri