di Krizia Celano
I primi insediamenti nel territorio di Gaeta risalgono al IX-X secolo a.C., ma fu solo nel 345 a.C. che finì sotto l’influenza di Roma. Difatti, durante il periodo romano Gaeta divenne un luogo di villeggiatura molto rinomato, frequentato da imperatori, ricchi patrizi, consoli e famosi senatori dell’epoca. Per favorire la loro venuta fu costruita una nuova strada romana, la Via Flacca, più breve rispetto all’Appia. Il suo territorio è situato all’interno di quell’area geografica denominata, in epoca imperiale, ”Latium adjectum”. Tale nome era infatti riferito ai territori ‘aggiunti’, in seguito alle prime espansioni di Roma verso sud, al Latium vetus (terra di origine dei latini), con la conseguente scomparsa di altri popoli preromani (Volsci, Equi, Ernici e Ausoni). Ormai già con Augusto e la sua riforma amministrativa, i territori di Gaeta ricadevano nella regione unica che i romani chiamavano con il nome Latium e che terminava proprio con l’;attuale confine con la Campania del fiume Liri-Garigliano.
Di quel periodo restano molti segni tangibili; il Mausoleo che sorge sulla sommità di Monte Orlando in onore di Lucio Munazio Planco, console romano e prefetto dell’Urbe nonché generale di Giulio Cesare ma anche i mausolei di Marco Antonio e di Ottaviano detto Augusto.
Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente iniziò un periodo buio di transizione, caratterizzato da continui saccheggi prima da parte delle popolazioni barbariche ed in seguito dai Saraceni. Proprio per la sua caratteristica posizione su di una penisola naturale, facilmente difendibile, piano piano si trasformò in un castrum: Gaeta fu fortificata con cinte murarie e sulle pendici di Monte Orlando; sulla zona alta dell’antico borgo medioevale sorse il castello a difesa dell’abitato e le popolazioni delle zone limitrofe si trasferirono all’interno delle mura per trovare ospitalità, rifugio e protezione.
Le prime notizie del castello risalgono al VI secolo nella guerra contro i Goti, ma notizie certe della sua esistenza si hanno solo nel XII secolo.
Già nel IX secolo Gaeta si rese autonoma dall’autorità imperiale bizantina e nel’;anno 839 la carica governativa venne assunta da Costantino di Gaeta. Il ducato pontino conquistò gradualmente la sua indipendenza e restò in vita per oltre due secoli, nel corso dei quali esso ebbe una propria solidità militare, un’autonomia politica, un’autonomia giurisdizionale, dei propri istituti giuridici civici, una propria moneta,il ‘follaro‘, e un considerevole sviluppo economico attraverso i ricchi traffici commerciali marittimi.
Nel periodo che va dall’839 al 1140 Gaeta può essere considerata a pieno titolo anche una Repubblica Marinara. I gaetani difesero le loro libertà e l’indipendenza del ducato attuando una saggia e talvolta spregiudicata azione politica e militare. Risultarono in tal senso rilevanti le alleanze stipulate con i principali Stati autonomi del meridione d’Italia per combattere le continue scorrerie saracene, ma anche i patti stipulati con gli stessi musulmani per la difesa del ducato dalle mire espansionistiche del papato. Particolarmente significativa l’alleanza che portò alla costituzione della Lega Campana, di cui si fece principale promotore Papa Leone IV per la difesa di Roma. Nell’estate dell’849 la Lega Campana fu protagonista della storica Battaglia di Ostia, immortalata con un celebre affresco da Raffaello nelle stanze vaticane dove una flotta costituita dalle navi delle repubbliche marinare di Amalfi, Gaeta, Napoli e Sorrento, sotto la guida del console Cesario di Napoli vinse i saraceni. La fine del ducato però, fu causata dall’annessione al regno di Sicilia nel 1140. Il re siciliano, tuttavia fu comunque assai benevolo nei confronti di Gaeta lasciandole numerosi privilegi. E’ in questo periodo che nacque quello che per i successivi sette secoli sarà un regno unitario, indipendente e sovrano, l’unico in tutta Europa a conservare integralmente per così lungo tempo i suoi limiti territoriali, con Gaeta a fungere in più occasioni da seconda capitale e strategica città di confine con lo Stato della Chiesa.
Durante il governo della dinastia di origine Sveva, Gaeta vide rafforzarsi la sua funzione di vera e propria ‘chiave di accesso’ al regno. Federico II di Svevia venne in diverse occasioni a Gaeta e, durante le lotte tra guelfi e ghibellini, creò delle fortificazioni per difendere meglio i confini.
Durante il governo delle dinastie di origine Angioina la città continuò a ricoprire un ruolo rilevante nello scenario politico e militare del regno. Dal 1378 fu per qualche anno la residenza dell’antipapa Clemente VII, alleato della Regina Giovanna I. Dal 1387 vi si stabilì, temporaneamente in esilio, l’erede al trono Ladislao dei d’Angiò, che celebrò in città, le sue nozze con Costanza di Chiaramonte. Anche la futura Regina Giovanna II, sorella di Ladislao, soggiornò per molto tempo a Gaeta, dove scelse di farsi incoronare nel 1419.
Fu con l’arrivo della dinastia Aragonese che Gaeta venne sempre più fortificata e nel 1571 si radunò nel porto di Gaeta la flotta pontificia per combattere i saraceni. Il comandante della flotta aveva ricevuto dal Papa San Pio V lo Stendardo di Lepanto, realizzato in seta, che doveva essere issato sulla nave ammiraglia pontificia.
L’ammiraglio Colonna nella Cattedrale di Gaeta, davanti a Sant’Erasmo, fece voto che se avesse vinto avrebbe donato lo Stendardo di Lepanto alla Cattedrale di Gaeta e lo avrebbe posto ai piedi del santo, patrono dei marinai. La battaglia navale tra la flotta della ‘Lega Santa’ e la flotta dell’Impero ottomano ebbe luogo il 7 ottobre 1571 a Lepanto e fu vinta dalle forze cristiane. Al suo ritorno in Gaeta Marcantonio Colonna mantenne fede al giuramento fatto e oggi lo stendardo è esposto nel museo diocesano.
Papa Pio IX si rifugiò a Gaeta, ospite di re Ferdinando II di Borbone e fu proprio durante questo soggiorno che scrisse la sua opera “Ubi Primum”.
Alla caduta della dinastia spagnola, il Borgo di Gaeta il 15 marzo 1897, diventò comune autonomo. Prese il nome di ‘Comune di Elena’ in onore dell’allora principessa Elena, futura regina d’Italia. La Città di Gaeta era parte dell’antica provincia di Terra di Lavoro del Regno delle Due Sicilie e divenne provincia di Latina solo in epoca fascista.
Molta è la storia che la caratterizza come molte sono le personalità che l’hanno plasmata. Oggi Gaeta è una cittadina aperta al turismo, ospitante arte all’aperto e gallerie d’arte che si impegnano per donarle sempre più splendore. In essa è possibile ammirare chiese trecentesche e rinascimentali, dalla cattedrale dei Santi Erasmo e Marciano al santuario dell’Annunziata, dal tempio di San Francesco alla chiesa intitolata a Santa Maria di Porto Salvo.
Molteplici anche i luoghi tramite i quali si può avere un’ampia veduta del golfo e delle rovine della Cajeta medievale, in primis Monte orlando, meta sempre più ambita dai turisti in estate.
Difatti, il piccolo comune pontino dà prova evidente di tutto ciò che lo ha segnato, come se fosse dotato di una parola segreta e spesso inespressa. Un attento osservatore riesce a capire il divario tra la ricostruzione delle rovine e le rovine stesse, tra la nuova città sorta intorno alla città originaria ed è capace di realizzare quanto l’importanza venga occupata dal distrutto e non dal ricostruito; non tanto perché la rigenerazione non sia vitale per il cosmo, ma per il dolore necessario.
Gaeta è silenzio, è riflessione che insegna meravigliarsi della maestosità della creazione. Essa rassicura e ci rassicura su quanto la distruzione sia importante per gli uomini. La bellezza del ricostruito non sarebbe presente se non ci fosse prima la presenza della rovina, dei frantumi. Questa cittadina è capace di sorprendere perché porta cicatrici di un passato di cui è fiera e le mostra con estrema bellezza. Le sue vie interne richiamano coloro che le hanno percorse ,i suoi vecchi palazzi ricordano coloro che ci hanno abitato, la deformazione dei ciottoli stradali è prova degli anni che porta con sé.
Uno splendore che rigenera, che calma e che dà modo di pensare allontanandosi da qualsiasi male riportando l’individuo alle sue origini, perché, come disse Dostoewskij, “la bellezza salverà il mondo”.
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